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Il ritratto del duca

di ANNA SCHMIDT

Dopo la perdita del patrimonio di famiglia e la rottura del fidanzamento senza amore con un magnate di affari di Boston, Jeanne Witherspoon è fuggita a Parigi per dipingere e frequentare solo anime a lei affini. Quando fa la conoscenza di un duca inglese che condivide il suo amore per l’arte le basta avere la sua amicizia, nonostante sia sempre più attratta da lui.

Ma un tragico segreto ha seguito il duca August Groton-Hames fino a Parigi, e i pettegolezzi si diffondono a macchia d’olio quando commissiona il proprio ritratto a Jeanne. E’ possibile che le sue intenzioni nei confronti di Jeanne non siano del tutto onorevoli?

10

August. Quel nome gli si addiceva. Le ricordava il mese di agosto, che era al culmine dell’estate come lui era nel pieno della sua vita. C’erano potenza e sicurezza nei suoi movimenti, una padronanza di sé ma priva di arroganza nel modo in cui parlava con gli altri, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, e l’impressione che comprendesse sin troppo bene quanto la vita fosse un dono fugace.

Il carboncino di Jeanne sembrava muoversi spinto da una volontà autonoma. I suoi tratti non erano mai stati tanto sicuri. Era esaltata, e dovette dominarsi per non esprimere la propria gioia ridendo.

«Che avete?» le domandò August, con la bocca incurvata in un sorriso divertito. «Sembra che abbiate appena appreso un segreto succulento.»

«è che il disegno sembra fluire con una libertà entusiasmante. Non mi capita sempre. E comunque dovreste smettere di osservarmi tanto intensamente, Vostra… August. Non volete che nel vostro ritratto abbiate occhi tanto penetranti da trapassare chi lo osserva, vero?» Si riprese, e aggiunse in fretta: «Sempre che sia tanto fortunata da dipingerlo, naturalmente».

Lui agitò una mano e si mosse sulla sedia. «La decisione se accettare il mio incarico per il mio ritratto è già nelle vostre mani.»

Jeanne si fermò per la prima volta da quando aveva cominciato a disegnare. «Mi offrite un incarico?»

«Sempre che possa pagarvi quello che chiedete» replicò lui. «Quanto chiedete, Jeanne?»

Lei esitò. Indipendentemente da quello che aveva detto Yves, l’idea di far pagare le sue opere le era ancora estranea. E dove avrebbe lavorato? Finiti gli schizzi, sicuramente il duca avrebbe voluto che lei li avesse usati come base. Era un uomo molto impegnato e non poteva permettersi di posare per ore. E poi se August fosse diventato un suo cliente pagante, sarebbero stati ancora amici? Suo padre l’aveva sempre ammonita di evitare di fare affari con gli amici.

«Ora vi ho offesa» disse lui. «Vi chiedo scusa.»

«Non dovete scusarvi. È solo che il mio alloggio è piuttosto angusto. Dovrò trovare uno studio in cui lavorare, e attrezzi e…»

«Potreste dipingere qui. Ci son diversi spazi adatti. Quanto all’occorrente, date un elenco a Charles e lui farà in modo che abbiate a vostra disposizione quello che vi serve.»

«Siete troppo generoso, August.»

«Mi fa piacere incoraggiare le persone di talento, Jeanne. Mi accontenterete?»

Era riuscito a prendere un momento potenzialmente imbarazzante e a tramutarlo in una situazione in cui sembrava che fosse lei a fargli un favore. «Va bene, ma…»

«No. Avete accettato, e non parliamone più.» Accavallò le lunghe gambe inguainate nei calzoni e negli stivali a cavallerizzo aderenti, poi le distese.

Jeanne posò il carboncino e l’album, e mosse le dita anchilosate. «Siete scomodo? Immagino di sì. Quella sedia va bene per una breve pausa, non per posare per più di un’ora… povera me, è passata tutta la mattinata!» Cominciò a raccogliere le sue cose, apprestandosi ad andare.

«Qualcuno dovrebbe dipingere voi, Jeanne.» Il duca si era alzato e le era vicinissimo, tanto che il suo respiro le mosse leggermente una ciocca di capelli. Poi le prese la mano e si diresse verso la porta. «Venite, voglio mostrarvi una cosa.»

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