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La strada del desiderio

di MEGAN HART

Un viaggio in macchina.
Per Molly rappresenta la libertà.
La libertà di essere la persona che vuole essere. La libertà di fare le sue scelte. La capacità di apprezzare le cose di suo gusto.
Non ci sono limiti né imposizioni o regole. Solo possibilità. Occasioni. Immaginazione.
Perciò quando un uomo imponente, un bel tenebroso, le passa accanto come se fosse il padrone del mondo, accende il desiderio di Molly, potente e ardente come il motore della sua Impala. E lei può lasciar scorrere sfrenato quel desiderio in tutti i modi che vuole.
Tutti.

 

5

Lo stomaco di Molly brontolò di nuovo. Metterci una mano sopra non sarebbe servito a placarne il senso di vuoto, però anche mentre stendeva le dita verso il sacchetto del supermercato sul sedile accanto, sapeva che uno stuzzichino non le sarebbe bastato. Aveva bisogno di qualcosa di sostanzioso, non di barrette ai cereali né sacchetti di patatine.

Non c’era un autogrill in vista per chilometri, quindi avrebbe dovuto trovare una tavola calda, se fosse stata fortunata. E si sarebbe dovuta accontentare di un hamburger, se invece non avesse avuto fortuna.

Imboccò la prima uscita e seguì i cartelli indicatori per una tavola calda. Il parcheggio era pieno di automobili e camion. Era un buon segno, pensò. I camionisti trovavano sempre i posti dove si mangiava bene.

E poi vide un’altra vettura in fondo al parcheggio – una familiare Impala blu.

Con un tuffo al cuore, scese dalla macchina e si stirò. Si guardò intorno ma non vide alcun segno del proprietario. Allora era dentro. Magari a mangiare un hamburger voracemente, sporcandosi le mani. Si sarebbe leccato le dita e le avrebbe sorriso sornione, forse le avrebbe offerto di dare un morso. Lei si sarebbe protesa sul tavolo e avrebbe aperto la bocca…

Eh, sì, per lui avrebbe aperto la bocca più che volentieri.

Molly si riscosse e agguantò la borsetta, decisa a riprendere il controllo di sé prima di entrare. Lanciò un’altra occhiata alla Impala, poi salì i gradini di mattoni ed entrò nel locale. Subito le brontolò lo stomaco e tossì per l’odore tipico di una tavola calda, un misto di fumo di sigaretta e cibo unto. Decise di ordinare una colazione anche se era ora di cena.

Cercò di guardarsi intorno con discrezione mentre seguiva la cameriera verso un tavolo con il séparé in fondo. Si sedette con le spalle al muro per poter avere una visuale degli altri tavoli, anche se all’inizio tenne gli occhi fissi sul menù.

Aveva già deciso che cosa prendere, ma fingere di leggere il menù le permetteva di tenere lo sguardo basso, e avere tutto il tempo di capire se lui c’era. Forse aveva quasi finito, comunque, e lei avrebbe potuto ammirare il suo bel fondoschiena mentre pagava alla cassa.

Poi, di colpo, Molly non fu più tanto sicura di volerlo vedere. Sì, si erano ricorsi in strada. E lui aveva un ottimo gusto in fatto di musica, e di auto. E di vestiti. Era bello, e con ciò? L’aveva notato solo perché era sexy. E avrebbe scommesso che aveva già sorpassato anche quattro o cinque dei camionisti che ora erano nel locale, però non vi aveva prestato attenzione. Non aveva un’importanza particolare il fatto che lui avesse deciso di fermarsi lì. Non significava niente.

Non era un segno del destino.

Non era neppure fortuna.

«Ciao» disse una voce calda e profonda come il rombo di un motore potente.

Molly alzò lo sguardo.

Era lui.

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