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Passione sotto la neve

di CAITLIN CREWS

Lucy Qaderi ha sposato suo marito perché lo amava. Non perché era il cugino del futuro regnante di Alakkul, né perché era ricco, ma perché Rafi Qaderi le infiammava i sensi come nessuno.

Però Rafi non crede al suo amore, perciò Lucy lo fa andare nel palazzo reale di Alakkul per dirgli una volta per tutte che intende lasciarlo… Tuttavia il destino ci mette lo zampino, e una tormenta di neve li blocca, mettendo alla prova la determinazione di Lucy e dimostrando tutta la potenza della loro passione.

E’ stata quella passione a unirli, ma dopo tanto dolore, sensi di colpa e accuse, sarà sufficiente per farli rimanere insieme per sempre?

 

 

Capitolo 7

7

La neve continuò a cadere per tutta la notte, e anche il giorno dopo.

Li avvolgeva in un bozzolo candido, pensò Lucy quella mattina, guardando i fiocchi bianchi che scendevano. L’atmosfera irreale stemperava la realtà brutale del loro matrimonio incrinato, permettendole di concentrarsi sul presente.

Su quel legame. Quel fuoco. La passione insaziabile che nulla riusciva ad attenuare.

Si sforzò di non rimuginare più sugli ultimi mesi cupi, per godere della vicinanza di Rafi come aveva fatto tanto tempo addietro a Parigi.

Durante quella giornata mangiarono a letto, imboccandosi a vicenda. Si divorarono famelici più volte. E parlarono. Del più e del meno, di piccoli episodi della loro vita. Rafi era divertente, interessante. E incredibilmente sensuale.

Se non l’avesse già amato, Lucy sapeva che quella parentesi le avrebbe fatto perdere la testa.

Però c’erano tante cose non dette, tanto dolore taciuto, che un paio di giorni rubati, circondati dalla bambagia della neve, non potevano allontanare. Forse quei momenti idilliaci erano ancora più preziosi perché Lucy sapeva che tanta beatitudine non poteva durare, e non sarebbe durata.

Era la vigilia di Natale, anche se Lucy non aveva osato farne parola, sapendo quanto Rafi detestasse il Natale.

Quella sera, entrambi piacevolmente spossati, si sedettero davanti all’imponente camino che dominava una parete della camera padronale. Lucy aveva la schiena appoggiata al suo torace nudo mentre lui giocherellava con i suoi capelli, attorcigliando i riccioli intorno alle dita. Ricorderò sempre questo istante, questa sensazione, pensò. Qualunque cosa accada.

«Sarebbe bello se potessimo rimanere così per sempre» osservò Lucy con un sospiro di contentezza, avvolta dalla serenità del momento, dall’armonia che si era creata tra loro.

Si pentì immediatamente di averlo detto.

Lo sentì irrigidirsi alle sue spalle, e poi staccarsi, respingendola. Lucy chiuse gli occhi, colpita dal dolore come da uno schiaffo, nonostante avesse cercato di tenerlo a bada.

«Piacerebbe anche a me» replicò Rafi con voce bassa ma aspra. «Ma non è colpa mia se è impossibile.»

Lucy strinse i pugni e si girò a guardarlo. Gli occhi grigi di Rafi erano foschi per il turbamento, la bocca aveva una piega amara. Eppure lui continuava a fissarla come se si sentisse in diritto di odiarla.

E il suo odio era troppo da sopportare.

Tutto quello che aveva subito, che si era sforzata di superare, la investì come una fiamma che l’arse viva, incenerendola.

«Invece è colpa tua, Rafi» ribatté con forza, lasciando emergere la rabbia, per fargli vedere che cosa le aveva fatto. «Sei stato tu a distruggere il nostro matrimonio, non io!»

«Non intendo prestarmi ai tuoi giochetti» ringhiò Rafi. Però si vedeva che l’espressione che leggeva nei suoi occhi l’aveva scosso. La condanna. Un dolore profondo e straziante, come se l’avesse ferita. Ma com’era possibile? Era stata lei a tradirlo… no?

Non avrebbe mai dovuto toccarla di nuovo. Avrebbe dovuto farsi largo tra la neve pur di allontanarsi da lei.

«Ascoltami perché non lo ripeterò più» esordì lei in tono cupo, serio, guardandolo fisso negli occhi. «Ero incinta. Su questo non ho mai mentito. Perché avrei dovuto? Pensi veramente che ambissi a sposare un uomo che a malapena conoscevo? Per trasferirmi dall’altra parte del mondo, in un posto in cui sarei stata continuamente scrutata, giudicata e considerata inadeguata? Però l’ho fatto perché ti amavo e credevo che fosse giusto per nostro figlio.»

«Nostro figlio» ripeté lui. Percepì il proprio tono furente, per la collera che sentiva montargli dentro. «Come osi fingere…»

«Ho perso il bambino» sibilò lei, con gli occhi lucidi, indicando il bagno con un gesto perentorio. «Lì, per la precisione. Sul pavimento del bagno. E’ stato tremendo, ma sai che cosa è stato peggio, Rafi? Sentirmi dire che secondo te avevo inventato tutto.»

«L’hai detto tu!» sbottò lui, furibondo e smarrito al tempo stesso. Però no, lo ricordava bene. «Ero a Sydney. In quei giorni avevo una riunione dopo l’altra per settimane di fila, a Singapore, in Nuova Zelanda e in Australia. Però ti ho chiamato appena ho potuto liberarmi. Ti ho chiesto della gravidanza e tu mi hai detto chiaramente: “Non c’è nessun bambino”. L’hai ammesso.»

«Mi sarò anche espressa male, ma soffrivo!» protestò lei. «Ho detto che non c’era nessun bambino perché l’avevo perso

Ora le lacrime le scorrevano sul viso e lei non tentava più di trattenerle. Stese un braccio per prendere la coperta che era caduta ai piedi del letto l’ultima volta in cui si erano abbandonati alla passione, e Rafi notò che le tremava la mano.

«Lucy…» cominciò, ma lei lo interruppe con un gesto imperioso.

 «Mi hai fatto capire subito che avrei sposato una persona di rango molto superiore al mio» dichiarò con forza. Ogni parola era come una pallottola che lo colpiva in pieno petto. «Non hai fatto mistero della mia inferiorità, del fatto che venire a letto con me andava bene per una scappatella a Parigi, ma non avrebbe dovuto comportare niente di più. Che avrei dovuto esserti grata perché eri un uomo d’onore, tanto buono da acconsentire a fare quello che era più giusto per una donna da nulla come me.»

«Non l’ho mai detto» si difese lui, vergognandosi.

«Non ce n’era bisogno.» Lucy si avvolse la coperta intorno al corpo e si alzò, guardandolo dall’alto in basso come una dea. «Ogni tuo gesto indicava chiaramente la tua posizione.»

Allargò una mano ad abbracciare la stanza sfarzosa, con le appliques antiche alle pareti, gli arazzi storici.

«Mi hai tenuto nascosta nel palazzo di campagna della tua famiglia, da cui potevo guardare la capitale da lontano senza causarti l’imbarazzo di mettere piede nella tua nobile cerchia di persone altolocate. Però non m’interessava, perché ti amavo e avrei avuto un bambino da te.»

Qualcosa nella sua voce gli provocò un formicolio alla nuca. Rafi cominciò a temere che fosse una nota di verità. «Lucy…» ripeté. «Ti prego.»

Ma lei lo ignorò.

«Mi hai lasciato qui in disparte» continuò, quasi con rammarico, come se dirglielo le costasse fatica, e un coraggio che non aveva. Quel pensiero gli fece stringere il cuore. «L’ho considerata un’ottima occasione per conoscere meglio il tuo mondo, trasformarmi nella moglie di cui non ti saresti vergognato e che non avresti dovuto tenere nascosta.»

Improvvisamente Rafi ricordò com’era vestita quando era arrivato. Aveva pensato che era molto elegante, con abiti ben diversi da quelli più vistosi e alla moda che indossava prima.

«Ma poi ho perso il bambino» proseguì lei con voce tremula. «E ho dovuto sopportare quella tragedia. Da sola. E tu hai continuato a lasciarmi qui, come se non meritassi la minima compassione.»

Per un istante le si contrasse il volto, come se stesse per scoppiare in lacrime, ma poi si contenne.

«Lucy…» ritentò lui, ma lei scosse la testa per bloccarlo.

«Non m’importa se i Qaderi non divorziano» disse lei con una dignità composta che lo turbò più delle emozioni che aveva dimostrato prima. «Ti lascio. Non perché non ti amo. Purtroppo è il contrario. Ma non ha importanza. Sarai anche discendente di una nobile stirpe secolare, Rafi, ma merito di più. Merito qualcosa di meglio di te.»

Rafi rimase seduto, muto, molto tempo dopo che lei fu uscita dalla stanza con un portamento più regale di qualsiasi regina. Fissava il fuoco ma senza vedere le fiamme. Vedeva solo il passato, la sua storia complicata con Lucy e le conclusioni a cui era balzato troppo in fretta – che lei l’aveva usato, e lui si era lasciato incantare da una bella donna. Che lei mirava ad approfittarsi del suo nome e del suo patrimonio. Che la loro passione era una finzione. Che quello che provava per Lucy non poteva essere reale.

In tutto quel tempo le persone che lo circondavano gli avevano versato il veleno nella mente con le loro insinuazioni. E lui aveva dato loro ascolto. A Safir. Agli anziani del consiglio. Aveva voluto credere alle loro maldicenze. Quando Lucy gli aveva detto che non c’era alcun bambino si era aggrappato subito a quella prova, per potersi convincere che Lucy era falsa, come tutti volevano fargli credere.

Perché non voleva essere costretto ad ammettere che era debole. Che aveva paura del potere che Lucy esercitava su di lui. Dei sentimenti che gli suscitava.

Che razza di uomo era? Un essere infimo, pensò con amarezza.

Ricordò tutti i commenti acidi che aveva permesso a Safir di fare su Lucy, tutte le volte che non l’aveva difesa. Chi permetteva di sentir rivolgere simili insulti alla donna amata? Poi, di colpo, ripensò alle chiamate insistenti del medico di famiglia, che Safir aveva intercettato, dicendo che poteva aspettare il ritorno di Rafi, senza mai incoraggiarlo a richiamarlo. E se c’era sotto dell’altro? Safir avrebbe mai detto a Rafi qualcosa che potesse dargli un’impressione migliore di Lucy?

Conosceva già la risposta. Però doveva confermare quel sospetto nascente, capire fino a che punto aveva tradito Lucy, che non aveva mai fatto altro che amarlo. Più di quanto meritava.

Andò a prendere il cordless che era sulla scrivania. In tono burbero, senza neppure chiedere scusa alla governante, le ordinò di metterlo in collegamento con il medico, anche se era tardi. Il bonario medico anziano aveva assistito alla nascita di Rafi e, a suo tempo, aveva tenuto la bocca chiusa su diversi segreti di famiglia dei Qaderi. E non diceva mai bugie.

Il loro colloquio fu breve ma sconvolgente.

«Mi fa piacere sentirti, Rafi» rispose subito il medico, senza badare all’ora. «Sono mesi che cerco di parlare con te di quella notte. Volevo assicurarti che ho fatto di tutto per convincere tua moglie ad andare in ospedale ma lei si è rifiutata categoricamente. Era troppo preoccupata per la tua reputazione.» Sopirò. «Perciò ho cercato di farla stare bene il più possibile ed evitare che ci fossero complicazioni. Ti prego di credere che ha ricevuto cure adeguate e che mi sono veramente fatto in quattro per persuaderla ad andare in ospedale. Però è stata irremovibile. Ho pensato che forse avresti potuto convincerla tu, ma eri irraggiungibile…»

«Non ti do alcuna colpa» lo rassicurò Rafi, con un nodo in gola. Ed era la verità. Incolpava solo se stesso.

«A volte capita» disse il medico con il tono pacato e saggio di un uomo della sua età. «Da allora è sempre stata in buona salute e sono certo che a suo tempo avrete un altro figlio. Questo è stato solo un tragico contrattempo. Ne sono certo, come medico e come amico di famiglia.»

Rafi non si era mai detestato tanto. Terminò la telefonata e rimase lì, imbambolato, invaso dalla vergogna per quello che le aveva fatto.

Lucy non mentiva. Non aveva mai mentito.

L’aveva sempre saputo istintivamente? Aveva voluto credere che non fosse mai stata incinta per non dover affrontare il dolore della perdita? Era tanto meschino e vigliacco da sacrificare Lucy per non soffrire anche lui?

Sì, era andata esattamente così.

Si accasciò sul bordo del letto, si coprì il viso con le mani e cedette infine al dolore che aveva tenuto a bada per tre lunghi mesi.

 

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