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Passione sotto la neve

di CAITLIN CREWS

Lucy Qaderi ha sposato suo marito perché lo amava. Non perché era il cugino del futuro regnante di Alakkul, né perché era ricco, ma perché Rafi Qaderi le infiammava i sensi come nessuno.

Però Rafi non crede al suo amore, perciò Lucy lo fa andare nel palazzo reale di Alakkul per dirgli una volta per tutte che intende lasciarlo… Tuttavia il destino ci mette lo zampino, e una tormenta di neve li blocca, mettendo alla prova la determinazione di Lucy e dimostrando tutta la potenza della loro passione.

E’ stata quella passione a unirli, ma dopo tanto dolore, sensi di colpa e accuse, sarà sufficiente per farli rimanere insieme per sempre?

 

 

1

«Ti lascio.» Lucy Qaderi si sforzò di annunciarlo prima di ripensarci, anche se non aveva ancora avuto la forza di voltarsi e dirglielo in faccia.

Aveva percepito il suo arrivo nella fastosa camera da letto in cui un tempo dormivano insieme, nel palazzo in alto tra i monti del piccolo paese euroasiatico di Alakkul. Il paese di lui.

Avrebbe sempre avvertito la presenza di quell’uomo spietato e tenebroso. Rafi Qaderi. Era a capo di una famiglia di antichissime origini e aveva la responsabilità di curare l’ingente ricchezza e i tanti interessi internazionali dei Qaderi mentre il suo celebre cugino si preparava a subentrare al malato Re Azat sul trono di Alakkul.

Rafi era un mago della finanza, uno scaltro uomo d’affari. Era nobile e fiero. Era suo marito.

«Grazie tante, Lucy» replicò in tono cupo e sardonico, con una nota spazientita di fondo. «L’avevo intuito dai tuoi bagagli all’ingresso.»

Avrebbe dovuto odiarlo. E a volte lo detestava, sì. Eppure quella voce la lambì come un’ondata di calore che la fece fremere e le provocò una stretta al petto.

Lucy guardò fuori dalla finestra. Intensamente. L’immensa valle di Alakkul sembrava l’ambientazione di una favola per una ragazza cresciuta praticamente priva di tutto in un paesino nei pressi di Manchester. Le acque di un azzurro cristallino dei laghi di montagna scintillavano per la patina di ghiaccio che li ricopriva, i campi erano imbiancati da una nevicata dicembrina e in lontananza si udiva il brusio dell’antica capitale che si estendeva con i suoi tetti innevati ai piedi del palazzo reale.

Lucy pensò che ai Qaderi piaceva guardare dall’alto di quella dimora la nazione che avevano guidato e governato per tanti secoli, come se fossero stati in una fortezza isolata da tutto.

Proprio come Rafi la guardava dall’alto in basso, come sempre. Era una sciocca.

«C’è un messaggio sottinteso nel modo in cui mi volti le spalle?» Il tono di Rafi era come una sferzata aspra, e Lucy s’irrigidì per reazione. «O stavolta dovrei prestare attenzione al tuo silenzio?»

Odioso, pensò Lucy. Un uomo tanto odioso quanto amato. Racimolò il coraggio a due mani e si girò a guardarlo.

E subito si pentì di averlo fatto. Vederlo fu un colpo. Fortissimo. Dritto allo stomaco.

Rafi era fermo sulla soglia, con i beffardi occhi grigi fissi su di lei e un’espressione torva sul viso severo. Lucy venne colpita nuovamente dalla potenza che irradiava, come una corrente elettrica. La sua autorevolezza lo faceva sembrare molto più imponente, più alto e con le spalle più ampie… insomma, più aitante di quanto fosse già. Era vestito in maniera impeccabile come sempre, con un completo scuro che fasciava il suo fisico forte e snello. Era come un angelo vendicatore, pensò Lucy assurdamente, con quei capelli corvini e le sopracciglia nere abbassate sugli occhi foschi in un’espressione corrucciata. Lucy fu scossa da un brivido in una reazione istintiva e il suo cuore traditore perse un battito. Si morse il labbro inferiore.

«E dove andrai esattamente?» La voce di Rafi parve accarezzarla, scivolandole addosso come seta, anche mentre la provocava. Lucy spostò il peso da un piede all’altro; la indispettiva che lui avesse quel potere su di lei, e potesse tenerla sulle spine come se fosse stata una bambina monella da rimproverare.

«T’importa qualcosa?» ribatté. Però, purtroppo, conosceva già la risposta.

«Sono terribilmente impegnato» precisò lui con voce ancora più cupa. Più dura. La fissò dritto negli occhi e Lucy trattenne il fiato. «Non ho tempo da dedicarti solo perché hai l’ennesima crisi isterica e sei in cerca di attenzioni. Il mio assistente mi ha detto che si trattava di un’emergenza.»

«Il tuo assistente ti dice quello che secondo lui vuoi sentirti dire» puntualizzò Lucy, acida, incapace di non far trasparire dalla voce tutto il suo fastidio. Ripensò a tutte le telefonate fatte a Rafi che erano state intercettate da Safir, con il suo tono viscido e altezzoso, e a tutti i messaggi che probabilmente non gli aveva mai recapitato. «E’ un ottimo guardiano, e sicuramente filtra tutto quello che potresti non gradire. Hai scelto la persona giusta.»

«Apprezzo la tua fiducia nella mia capacità di prendere decisioni lavorative» replicò lui, sarcastico. Gelido. Lucy aveva un nodo in gola per le lacrime che non voleva versare, per le parole che non osava dire. «Però continuo a non vedere nulla che definirei un’emergenza.»

Entrò nella stanza e Lucy si rammaricò di trovarsi già con le spalle contro la finestra. Era in trappola. Deglutì, con il batticuore, sentendosi una preda. Lui avanzò a passo deciso, minaccioso e virile, e Lucy non poté fare altro che guardarlo e fingere di non volere tutto ciò che non poteva avere. Che non avrebbe neppure dovuto desiderare. Non con lui.

«Dipende da quello che consideri un’emergenza» disse mentre lui si avvicinava fino a incombere su di lei, facendola arrossire e palpitare nei punti più segreti del corpo. «E’ Natale, dopotutto. E tua moglie vuole lasciarti. Per alcuni uomini sarebbe un’emergenza.»

«Non vedo una ferita alla testa né altri traumi» osservò lui, sempre in tono sardonico, guardandola freddamente, con occhi crudeli. «Mi sembri in salute, Lucy. Come sempre. E’ per questo che sono corso a casa da Berlino?»

Per qualche istante Lucy non riuscì a parlare. Rafi sollevò le dita, quasi fino a sfiorarle la guancia. Le veniva da piangere per questo. Non la toccava da tanto tempo. Tanto tempo. Però non voleva pensarci. Alla dolce follia dei suoi baci, delle sue carezze. Delle vette incandescenti  che non aveva mai immaginato di poter raggiungere finché non ve l’aveva portata lui.

Rafi riabbassò la mano. Lucy si disse che sicuramente aveva voluto controllare se aveva la febbre.

«Mi sorprende che ricordavi dove fossi» riuscì a ribattere, attingendo alla determinazione e a un coraggio che non aveva pensato di possedere, che lui l’aveva costretta a trovare. «Non vieni qui da così tanto tempo che avevo cominciato a credere che avessi dimenticato questo posto.»

«Vedo che non hai perso il gusto per il melodramma» commentò lui in tono incolore, fissandola con durezza. «Che cosa vuoi veramente, Lucy? Qual è lo scopo di tutto questo teatrino?»

«Te l’ho detto» sbottò lei. «Ti lascio, Rafi. E, contrariamente a te, non lo faccio in modo vigliacco, lasciandotelo dedurre. Non faccio in modo da essere via per lavoro per quasi tre mesi. Non ti lascerò a chiederti che cosa significa la mia sparizione, né risponderò a una sola telefonata per poi non farmi sentire più. No, io te lo dico in faccia. Adesso.»

Lui la scrutò, poi fece una smorfia. «Mi hai appena definito vigliacco, Lucy?» le chiese in tono fintamente leggero, mentre serrava le mascelle, un segnale a cui Lucy sapeva di dover prestare attenzione. «Ho sentito bene? Devo ricordarti il proverbio del bue che dice cornuto all’asino?»

«Sono tua moglie, Rafi» azzardò lei. «Però tu non metti piede in questa casa da mesi. Rifiuti le mie chiamate. Il tuo antipaticissimo assistente mi parla come se fossi per metà una bambina capricciosa, e per l’altra metà una strega malvagia e infida.»

«E’ la tua versione della povera moglie trascurata e maltrattata?» la interruppe Rafi, gelido, sollevando le sopracciglia. «Devi migliorare se vuoi essere credibile nella parte che reciti. E ti serve anche un pubblico che ignori la verità.»

«Io non sono come te!» gridò Lucy, incapace di controllarsi, di tenere a bada la sua infelicità, ora che poteva sentire il calore del suo corpo, e vedere la luce in fondo a quegli occhi misteriosi e inavvicinabili. «Non riesco a fingere!»

Rafi emise un suono che somigliava a una risata aspra.

«E’ il contrario» disse, scuotendo la testa, senza staccare lo sguardo dal suo volto, facendola sentire tanto piccola e sola. «Non fai altro che fingere.»

«Non sono la bugiarda che credi, Rafi!» sibilò lei. «Non lo sono mai stata.»

Era troppo vicino. E i suoi occhi erano infuocati, mentre la bocca era una linea dura, severa.

«So perfettamente tutte le bugie che hai detto, e per la maggior parte a me. Dovesti considerarti fortunata per il fatto che ho un debole per le bugie che mi racconta il tuo corpo.»

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