Sei già registrato? Entra nella tua area personale

Il tesoro nascosto

di SOPHIA JAMES

Inghilterra, 1822 - Durante un ricevimento Asher Wellingham, nono Duca di Carisbrook, rimane folgorato dalla bellezza esotica di una sconosciuta che ha un'aria stranamente familiare. Si tratta di Emerald Sanford, figlia di un pirata dei Caraibi, giunta a Londra dalla Giamaica sotto mentite spoglie per recuperare un raffinato bastone da passeggio nel quale suo padre ha nascosto la mappa di un tesoro. Purtroppo, o forse per sua fortuna, il prezioso bastone è nelle mani di Asher, l'uomo che le ha ucciso il padre. Nessuno dei due ha previsto, però, di innamorarsi perdutamente. E adesso?

8

Emerald passeggiò a piedi sulla spiaggia prima che tutti si svegliassero, prima che le cameriere si alzassero per rifare le stanze e prima che zia Mi­riam potesse farle delle domande.

   La notte precedente aveva messo a soqquadro Falder nella speranza di trovare il bastone con la mappa, dalle cucine alla biblioteca.

   Aveva anche rintracciato la stanza delle mappe di cui le aveva parlato sua zia, ma neppure lì era riuscita a trovare quello che cercava da tanto tempo.

   Dov'era finito il bastone di Beau?

   Asher se ne era liberato?

   Era impossibile, perché sul bastone d'ebano e­rano incastonate alcune gemme preziose di grande valore che non sarebbero passate inosservate anche all'occhio più distratto.

   L'aveva venduto a qualche antiquario, senza accorgersi di quello che conteneva?

   Come poteva scoprirlo senza porgli domande che l'avrebbero insospettito?

   Emerald, arrivata al bagnasciuga, si tolse le scarpe e immerse i piedi nell'acqua fredda e grigia del mare.

   Rabbrividì, eppure non era gelida come aveva pensato, anche se la temperatura era tale da farle abbandonare l'idea di una benefica e rilassante nuotata mattutina.

   Era un luogo ideale per ritrovare, almeno per un po', quella libertà che non aveva più conosciuto da quando aveva lasciato i Caraibi.

   Non c'era nessuno sulla spiaggia, dietro di lei solo alberi e rocce che la proteggevano dalla vista dei curiosi.

   Si tolse la gonna e si immerse fino ai polpacci, con un gridolino eccitato e le lacrime agli occhi per il freddo improvviso. Poi si tolse tutto quello che aveva indosso, tranne i guanti, e lo gettò alle sue spalle, sulla spiaggia, godendo finalmente di un po' di quella istintività che le era tanto mancata negli ultimi mesi.

 

   Asher la guardava da lontano, una specie di Afrodite uscita dalle acque con i riccioli che le ricadevano sul collo. Niente del suo corpo era nascosto, i suoi fianchi, le sue lunghe gambe, la vita sottile e il seno prosperoso.

   Emerald si voltò una volta sola verso la spiaggia, poi si tuffò nelle acque grigie e gelide e sparì.

   Arrivato al galoppo sulla riva del mare, il Duca di Carisbrook scese di sella, si tolse in fretta gli stivali e la giacca. Dov'era andata?, si chiese preoccupato, guardandosi intorno.

   «Emma!» gridò.

   Fu solo quando sentì la sua risata che il cuore, che gli si era quasi fermato per il terrore di averla persa, ricominciò a battere convulsamente come se stesse per esplodere.

   Emma era riemersa cinquanta iarde più in là e stava ridendo.

   «Uscite subito dall'acqua!» le ordinò.

   «Andatevene!»

   «Uscite immediatamente o vengo a prendervi!»

   «Vi ho detto di andarvene!»

   Asher era in piedi nell'acqua, fra lei e i suoi vestiti sulla sabbia. Gli occhi color turchese di Emma cercarono altre persone lungo la riva del mare, ma non c'era nessuno.

   Avrebbe messo in atto la sua minaccia? Sarebbe venuto a prenderla per portarla in salvo con la forza?, si domandò inquieta.

   Entrambi d'un tratto si accorsero di un uomo che, ancora lontano, si stava però avvicinando velocemente. Era Malcolm Howard, abitava sulla collina e veniva di tanto in tanto sulla spiaggia.

   Emerald prese a nuotare verso il duca e questi la raggiunse fra le onde.

   «Suo fratello abita in quel casolare laggiù, dietro la spiaggia» le spiegò lui, togliendosi la giacca di pelle e passandogliela. «Mettetevi questa.»

   «Un gentiluomo avrebbe guardato altrove» commentò Emerald infilandosela e notando che lui non si era voltato.

   «Una donna virtuosa non si sarebbe spogliata» ribatté Asher, prima di fischiare per richiamare il cavallo che subito li raggiunse.

   Il duca rimontò agilmente in sella, fece salire Emerald davanti a sé e la nascose fra le proprie braccia. La giacca era lunga, le arrivava alle gi­nocchia.

   «Venite, vi porto a casa.»

   Poi si rese conto di avere detto un'assurdità. Come poteva portarla a casa quasi nuda, in sella al suo cavallo?

   «C'è un fienile, su in collina. Raccogliamo i vostri abiti e andiamo lì, così vi asciugherete e vi rivestirete.»

   «Sotto i vostri occhi?»

   Asher rise.

   Sapeva che lei non aveva paura, che si fidava della sua protezione.

   «Dove avete imparato a nuotare così?» le chiese.

   «In Giamaica.»

   «Se vostro padre era religioso come dite, non credo che sia stato lui a insegnarvelo.»

   «Infatti è stato uno dei nostri domestici.»

   «Vi ha insegnato a nuotare senza vestiti?» domandò lui incredulo.

   «Ero ancora una bambina e faceva molto caldo da quelle parti.»

   «Adesso però siete una donna» obiettò il Duca di Carisbrook.

   Non c'erano dubbi, adesso era una donna ed era praticamente nuda fra le sue braccia.

   Come ai tempi felici del paradiso terrestre, ma loro erano molto meno innocenti di Adamo ed Eva.

   «C'è qualcosa che io desidero, c'è qualcosa che voi desiderate. Forse potremmo trovare un accordo che soddisfi entrambi» le disse.

   La Giamaica era una terra di passioni, Emerald non era nuova a situazioni di quel tipo, il ricco latifondista e la povera ragazza di colore, per esem­pio, che facevano innumerevoli figli senza mai sentire il bisogno di sposarsi.

   Anche perché un ricco possidente non si sarebbe mai sognato di sposare una povera ragazza di colore.

   Digli di sì, le suggeriva una vocina.

   Niente più problemi, niente promesse, niente bugie. Solo un'alleanza fisica, da consumare subito, adesso.

   Che cosa sarebbe successo se lei gli avesse ceduto?

   Asher era un duca, doveva essere abituato ad avere le donne ai suoi piedi, pensò. Nei balli aveva visto che le dame presenti non sognavano altro che lui.

   Signore più belle di lei, dame ricche e nobili che non vantavano un padre come Beau Sand­ford. Una donna in più o in meno non avrebbe fatto alcuna differenza per Asher, ma per lei...

   «Non ho mai...» fu sul punto di confessargli, ma poi si fermò.

   Che cosa stava per dirgli? Che era ancora vergine? Emerald rabbrividì.

   Non le avrebbe creduto, comunque, visto come si era comportata sulla spiaggia.

   «Voi volete qualcosa da me e io voglio qualcosa da voi.» Sentì che Asher mormorava di nuovo quelle parole mentre a cavallo risalivano sulla riva. La passione fra un uomo e una donna poteva essere semplificata in quel modo molto prosaico, come accadeva certamente in Giamaica e in luoghi simili, dove la moralità era più elastica.

   Di' di sì!

   Qualcosa dentro di lei la spingeva ad adattarsi e ad accettare. Niente legami, niente obblighi, solo il piacere passeggero che sarebbe durato giusto il tempo necessario per essere soddisfatto.

   Senza rimpianti, senza progetti per il futuro, senza vuoti sensi di colpa e senza vane accuse reciproche. Senza l'ipocrisia puritana degli inglesi.

   Non sarebbe stato tutto più semplice?

   Emerald avrebbe voluto che Asher prendesse quello che gli veniva offerto senza tante complicazioni.

   Le avrebbe risparmiato responsabilità e pentimenti, tutto sarebbe stato più semplice adesso e in futuro.

   Il gentiluomo in lui, però, gli impediva di comportarsi come un marinaio in licenza in un porto dei Caraibi.

   «Chiedo venia. Non ho mai fatto richieste così esplicite a una donna» proseguì per giustificare la brutalità del suo approccio.

   «Mai?» Adesso era Emerald a essere decisamente incredula.

   Arrivarono fino al fienile in mezzo agli alberi. Asher smontò da cavallo e poi l'aiutò a scendere di sella, cercando di toccarla il meno possibile.

   «Aspetterò qui intanto che vi cambiate» le disse mentre lei afferrava i vestiti e, irritata, si av­viava verso il fienile.

   Lì Emerald si tolse la giacca e iniziò a rivestirsi. Le ritornò in mente lo sguardo di Asher che percorreva il suo corpo nudo e rabbrividì. Chissà cosa aveva pensato quando aveva visto la piccola farfalla azzurra, leggera e delicata, posata sul suo seno destro come se fosse pronta a volare via.

   Prendendo un profondo respiro, uscì dal fienile. Lui le volgeva le spalle. «Grazie per la giacca» gli disse restituendogliela.

   «Non è nulla» le rispose lui con la consueta cortesia inglese, che le suonò strana in quelle circostanze così particolari.

   In Giamaica, quando si era in disaccordo per qualcosa, si litigava senza remore.

   Come detestava, invece, la gentilezza di facciata, sotto cui ribollivano i peggiori dissapori, figli del non detto, che mai avrebbero trovato una soluzione!

   Asher salì a cavallo senza indossare la giacca e con la camicia aperta sul petto muscoloso. Era bello e desiderabile. Emerald non poté impedirsi di fissarlo.

   «Montate, vi porto a casa.»

   «Non è necessario, Vostra Grazia. Preferisco tornare a Falder a piedi.»

   Non avrebbe sopportato di sentirlo di nuovo dietro di lei, di percepire le sue braccia intorno al proprio corpo anche se non la toccavano.

   Asher non insistette. Anche per lui era un momento difficile e non sapeva fino a quando sarebbe riuscito a controllarsi.

   Spronò lo stallone e, prima che Emerald potesse cambiare idea, si stava già allontanando al galoppo.

 

   «Sei andata a letto con lui?»

   Aveva fatto un segnale con la candela dalla finestra e Azziz, a mezzanotte, la stava aspettando sul sentiero che da Falder portava alla spiaggia.

   «Che cosa stai dicendo?» reagì più sdegnata del dovuto, viste le circostanze.

   «Toro mi ha detto che eri nuda» puntualizzò Azziz.

   «Mi ero tolta i vestiti per lavarmi.»

   «Lo ucciderò.»

   «Non mi ha mancato di rispetto. Si è comportato come un gentiluomo in tutte le circostanze.»

   Evitò di riferirgli le sue proposte perché Azziz aveva sempre un coltello con sé e non avrebbe esitato a usarlo.

   «Sono stanco di aspettare. La mappa non si trova, la cosa migliore è puntare un coltello alla gola del Duca di Carisbrook e costringerlo a consegnarcela. Se aspettiamo ancora, finiremo il denaro che abbiamo portato con noi. Come faremo poi a tornare a casa?»

   «Venderemo le mie perle.»

   «Emerald, quelle perle sono tutto quello che ti resta di tua madre. Hai sempre ripetuto che non te ne saresti separata mai, per nessuna ragione al mondo.»

   «Le perle non sono così importanti. Sai dove le ho nascoste, in casa di mia zia. Di' a Toro di andare a Londra, di prenderle e di venderle al prezzo migliore che riesce a farsi fare.»

   «Emerald...»

   «Ti chiedo solo pochi giorni, prima di rinunciare a tutto.»

   E dire addio a tutti i loro sogni e a tutte le loro speranze.

   «Non c'è bisogno di venderle. Basterà alleggerire dei suoi soldi qualche ricco viaggiatore, l'ho già fatto più di una volta» fu il parere di Azziz.

   «No, non in Inghilterra» lo dissuase inorridita Emerald. «Qui saresti impiccato, se ti scoprissero a rubare.»

   «Allora prendiamo dei soldi al Duca di Carisbrook oppure a sua sorella.»

   «Lascia in pace questa famiglia.»

   «Perché mai? Beau era tuo padre e Wellingham lo ha ucciso a sangue freddo.»

   «A sangue freddo? Durante uno scontro fra due navi, in pieno oceano?»

   «Hai sempre una scusa pronta per questo duca inglese.»

   «Mio padre era un uomo sanguinario ed ero convinta che anche Asher lo fosse, prima di conoscerlo. Forse, però, mi sono sbagliata.»

   Si voltò verso Falder, le finestre erano illuminate sullo sfondo scuro delle colline.

   La grande mano di Azziz si posò su una spalla di Emerald.

   «Lui ti piace, vero?»

   Emerald non rispose.

   «Che cosa succederebbe se sapesse di chi sei figlia?»

   Non avrebbe avuto una sola possibilità di sopravvivere.

   «Se non ti preoccupi per te stessa, pensa almeno a Miriam e a Ruby.»

   Per la prima volta in vita sua, pensò Emerald, aveva incontrato un uomo che la faceva sentire viva e desiderabile come donna. Che le faceva so­gnare cose che prima di allora non aveva nemme­no preso in considerazione.

   E doveva dimenticarlo per la famiglia, lei che alla famiglia aveva consacrato tutta se stessa da quando suo padre era morto.

               
         
 
       
 
       
 
         

 

   Alla luce della luna le torrette della residenza avita dei Wellingham si stagliavano contro il cielo. Emerald vide Asher che guardava fuori dalla finestra della biblioteca, dove c'era il ritratto della moglie defunta, pallido e triste come un uomo che soffrisse da tempo di un'emorragia inarresta­bile e che avesse perso anche la speranza di capire dove fosse la ferita.

   Melanie, la defunta Duchessa di Carisbrook. Tutto era partito da lei e dall'incidente che era costato la vista al fratello. Da quello e dai mille anni di storia di Falder Castle che pesavano sulle spalle dell'attuale duca.

   Avrebbe voluto dirgli di lasciarla restare per sempre con lui, in quel luogo dove risuonavano ancora i nomi dei suoi antenati.

   Lo rivedeva sul ponte della sua nave, circondato dai suoi uomini, con la spada in pugno, gli occhi brillanti e le onde rilucenti del mare all'orizzonte.

   Emerald lo aveva raggiunto per colpirlo, per salvare suo padre, ma si era stupita della sua reazione quando le loro lame si erano incrociate.

   «Arrenditi e non ti farò del male» le aveva pro­messo lui sbarrandole la strada. «Non sono qui per colpire degli innocenti e tu sei troppo giovane per morire su questa nave. Ti farò portare in Inghilterra da una nave amica, ragazzo, e nessuno oserà torcerti un capello.»

   L'aveva presa per un giovinetto, come succedeva spesso per via dei suoi capelli corti.

   Il suo sguardo intenso, i suoi modi arroganti avevano destato in lei sensazioni che non aveva mai provato, che fino a quel giorno le erano sempre rimaste estranee. Emerald aveva cominciato da quel momento a pensare a se stessa come a una donna, con tutte le conseguenze del caso.

   «Dio mio! Voi siete una donna!»

   Una donna coraggiosa, una donna spaventata ma anche una donna bisognosa d'aiuto. Ed Emerald sapeva bene che il Duca di Carisbrook non lo avrebbe mai negato a chi, come lei, si sentiva in un pericolo mortale e non aveva fatto nulla, almeno personalmente, per meritarsi un castigo.

   Da quel momento aveva cominciato a immaginare cose che, prima di quel giorno, le erano sem­pre state estranee.

   Adesso aveva ventun anni e nessuna esperienza dell'amore fisico. Era venuto il momento che qualcuno venisse a liberarla dal peso di una verginità sempre più ingombrante.

   «Asher...» mormorò.

   Una famiglia, una casa, privilegi che il Duca di Carisbrook aveva e a cui si sentiva legato. Diver­samente da Beau, che era vissuto come un selvag­gio dalla morte di Evangeline.

   Emerald, maledicendo il padre, approfittò del­l'oscurità per rifugiarsi nella propria stanza.

               
         
 
       
 
       
 
         

 

   Asher andava su e giù per la stanza senza riuscire a togliersi dalla mente l'immagine di Emma che sorgeva dalle acque, nuda come una piccola Venere.

   Per la prima volta non era in grado di ricordare esattamente i lineamenti di sua moglie Melanie, il colore dei suoi occhi. Ricordava invece la cicatrice curva su una delle cosce di Lady Emma. Il duca aveva abbastanza ferite sul proprio corpo per non avere dubbi nel riconoscere l'opera di una spada.

   Com'era stata ferita?

   Quando?

   Da chi?

   Mentre beveva un bicchier d'acqua, Asher se lo chiese e sorrise. Un bicchier d'acqua, anche i suoi gusti stavano cambiando. Adesso beveva acqua come un ragazzino, sua sorella Lucinda ne sarebbe stata contenta.

   Gli sembrava che tutta l'aria intorno a Falder fosse in fermento.

   Che cosa sarebbe successo se lui non si fosse comportato da perfetto gentiluomo e fosse entrato con lei nel fienile, mentre si stava cambiando?

   Se avesse fatto l'amore con Emerald sul fieno, assecondando il proprio desiderio e, ne era sicuro, anche quello di lei?

   Asher conosceva troppo bene le donne per non sapere che anche lei lo desiderava. Forse non con quell'ossessione che possedeva lui da quando l'aveva incontrata, ma era comunque certo che Emma non avrebbe sollevato proteste se l'avesse fatta rotolare nel fieno facendola sua.

   Ma a lui, che cosa sarebbe successo?

   Avrebbe distrutto in un attimo tutte le proprie convinzioni e sarebbe rimasto soltanto il caos. Come un tempo, quando era un uomo che non credeva nelle convenzioni.

   Asher tirò fuori di tasca l'orologio.

   Erano le quattro del mattino, la sua mano accarezzò la mappa nel volume che aveva di fronte a sé. La Giamaica, la terra di Lady Emma, e, vicino, la penisola dello Yucatan.

   In quelle acque la sua nave aveva raggiunto quella di Beau Sandford, la Mariposa. Lì lo aveva ucciso. Dopo un anno di prigionia e un altro anno per riprendersi, aveva creduto di provare qualcosa di più quando la sua spada era affondata nel ventre del pirata.

   Sentiva ancora odio dentro di sé mentre ripensava alla morte di Beau. Ucciderlo mille volte non gli sarebbe bastato. Tutto però svanì quando si ricordò di Emma.

   Emma, Emma... Sarebbe rimasta a Falder ancora per tre giorni e lui avrebbe fatto il possibile per starle lontano. Quella donna era pericolosa e Asher non voleva correre rischi.

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
< Vai a Capitolo 7 Vai a Capitolo 9 >