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Il tesoro nascosto

di SOPHIA JAMES

Inghilterra, 1822 - Durante un ricevimento Asher Wellingham, nono Duca di Carisbrook, rimane folgorato dalla bellezza esotica di una sconosciuta che ha un'aria stranamente familiare. Si tratta di Emerald Sanford, figlia di un pirata dei Caraibi, giunta a Londra dalla Giamaica sotto mentite spoglie per recuperare un raffinato bastone da passeggio nel quale suo padre ha nascosto la mappa di un tesoro. Purtroppo, o forse per sua fortuna, il prezioso bastone è nelle mani di Asher, l'uomo che le ha ucciso il padre. Nessuno dei due ha previsto, però, di innamorarsi perdutamente. E adesso?

15

Asher lasciò Falder e andò a Londra dal suo gio-ielliere il giorno dopo, pur consapevole delle chiacchiere e dei pettegolezzi che ci sarebbero stati.
    Per tutta la sua vita era stato conscio di essere al centro dell'attenzione della gente e ancora di più dopo essere tornato dalla Giamaica ed essere ri-masto vedovo.
    A volte, nei saloni di Londra, aveva quasi l'im-pressione che la gente lo temesse per le sue cica-trici e l'aura maledetta che aveva portato a casa dai Carabi, come se fosse diventato lui stesso un pirata.
    Era l'uomo che aveva ucciso il famoso Beau Sandford, era entrato nella leggenda a un'età gio-vanissima.
    Si diceva che l'avesse trapassato decine di volte con la spada per essere sicuro che fosse morto e si raccontava che gli avesse tagliato le mani e le o-recchie per darle in pasto agli squali, ridendo mentre lo faceva.
    Jack Henshaw glielo aveva raccontato dopo qualche settimana dal suo rientro dalla Giamaica e, dopo quella volta, Asher aveva preferito limitarsi a frequentare le case degli amici.
    Uccidere un uomo implicava sempre uccidere una parte di se stessi, Asher lo aveva imparato a proprie spese.
    Dopo avere infilzato Beau Sandford e averlo visto cadere in mare, la sua rabbia si era trasfor-mata in vergogna.
    Vergogna per quello che aveva fatto, lui, il Duca di Carisbrook. Non era stato capace di proteggere suo fratello e sua moglie, di comportarsi co¬me un vero inglese e di salvaguardare il suo senso del-l'onore.
    Aveva tradito anche lo stemma dei Carisbrook, l'alce con la rosa d'Inghilterra fra le corna e la di-citura: Sempre più in alto. Un motto così inglese nel suo senso di rettitudine, seguito da decine di duchi nei secoli passati e infranto solo da lui.
    Per fortuna c'era Falder con le sue torrette e i suoi boschi, i torrenti e il mare. Falder rappresen-tava la tradizione, la famiglia e, forse, un nuovo i-nizio per tutti loro.
    Anche per Emerald e per il fantasma di Melanie, si disse suonando alla porta di Peter Solbourne, il suo gioielliere.
    «Stavo per inviarvi un messaggio, Vostra Gra-zia» gli disse Solbourne con un inchino. «L'ultima volta che ci siamo visti mi avevate detto che stavate cercando un regalo per il compleanno di vostra sorella. Penso di averlo trovato.»
    Fece entrare Asher, poi andò a prendere una scatola di legno scolpito, rosso borgogna, e gliela mostrò.
    Sulla scatola era inciso: E. S. 1801.
    Il gioielliere aprì il coperchio, abbellito da pietre dure, e gli mostrò che cosa conteneva. Erano perle bellissime, rosate, dalla più piccola alla più grande unite in una collana perfetta.
    Asher trattenne il fiato.
    «Mio Dio, dove l'avete trovata?» chiese solle-vando la collana con la punta di un dito.
    «Un uomo, un tipo molto particolare, me l'ha portata circa due settimane fa. Le perle proven-gono dai Caraibi.»
    «Vi ha lasciato il nome?»
    «No, ma mi ha dato un biglietto da visita. Ec-colo qui, è quello della Contessa di Haversham. Non so per quale ragione, ma quel tipo voleva che comunicassi alla contessa chi aveva comperato le perle.»
    Asher aveva il cuore in tumulto.
    E. S. Emerald Sandford.
    Potevano essere sue quelle perle?
    «Quanto costano?»
    Quando sentì il prezzo, Asher dubitò che Eme-rald avesse ricevuto anche solo un decimo di quella cifra esorbitante.
    «Le prendo.»
    Solbourne aprì lo scrigno, vi adagiò con cura la collana e lo richiuse prima di consegnarlo ad Asher con un secondo inchino.
    «Vostra Grazia ha bisogno d'altro?» domandò il gioielliere.
    «Sì, credo di sì» rispose Asher, e un lampo d'interesse attraversò lo sguardo dell'anziano ore-fice. «Ero venuto per un anello.»
    «Che tipo di anello?»
    «Un anello con smeraldo. Vorrei vedere i vostri migliori anelli con smeraldo.»
    Per Asher fu un sollievo che l'uomo non facesse domande.
    Venti minuti più tardi aveva compiuto la sua scelta, un magnifico anello con un grosso smeraldo incorniciato da alcuni piccoli diamanti.
    «Un dono perfetto, Vostra Grazia, se posso dir-lo. La signora che riceverà l'anello ne sarà certa-mente compiaciuta.»
    «Vorrei un altro piacere da voi, se permettete. Non dite a nessuno dei miei acquisti, si tratta di una sorpresa e tale deve restare.»
    «Le mie labbra sono sigillate, Vostra Grazia.»
    «Bene.»
    Asher infilò lo scrigno con le perle e l'astuccio dell'anello nelle tasche interne della giacca, poi uscì. Una volta fuori chiese al suo cocchiere di portarlo subito da Madame Berenger.
    Si augurò che la famosa sarta avesse qualcosa di pronto da mostrargli, perché non aveva il tempo necessario per far confezionare appositamente degli abiti.
    Avrebbe scelto fra i vestiti e le gonne già pronti, sperando di poterli far sistemare velocemente in modo che diventassero della misura giusta per Emerald. Per fortuna conosceva perfettamente il suo corpo e avrebbe potuto descriverlo alla sarta fin nei particolari.

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