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La notte dei misteri

di CHRISTINE MERRILL

Cornovaglia, ottobre 1814. Con una tempesta in arrivo dalla costa e le tenebre che stanno calando, Jack Kendall si sente fortunato quando scorge una locanda in lontananza. Man mano che si avvicina, però, comincia a ricredersi e avvertendo qualcosa che non va in quel luogo. Qualcosa che potrebbe mettere in pericolo la sua stessa vita. Per un attimo valuta l’opportunità di rimontare in sella al suo fedele Ajax e galoppare fino alla prossima locanda, ma scorge una pallida e splendida donna, affacciata alla finestra. Decide così di sfidare il fato, entrando nel locale.

6

Jack si allontanò da Joy e si avvicinò alla finestra per controllare la ripida pendenza del tetto che arrivava fino alle stalle. Se fosse stato solo non avrebbe avuto alcun problema a scavalcarlo ma dubitava che la ragazza sarebbe stata in grado di fare altrettanto. “Cosa mi sarebbe dovuto accadere dopo essere stato drogato?” le chiese.

“Avrei dovuto aprire la porta e farli entrare per ucciderti.”

“In quanti sono?”

Joy aggrottò le sopracciglia: “Non puoi contare sugli avventori della locanda. Anche se tu urlassi nessuno verrebbe in tuo aiuto, però molti di loro non sarebbero capaci di ucciderti a sangue freddo. Gli uomini da temere sono solo quattro e Tallack, il locandiere, è il loro capo. Se fermassi i quattro, gli altri non avrebbero il coraggio di reagire.”

“Allora siamo pari!” Jack le rivolse un sorriso d’incoraggiamento. “Noi siamo in due, ma tu vali almeno quanto tre di loro!”

Joy si lasciò sfuggire un sorriso che le colorì e gote per qualche istante.

Jack annuì, prese la bottiglia di cognac e ne sparse il contenuto per tutta la camera e sul letto. Tolse vie le coperte e le gettò a terra, per poi sdraiarsi sul materasso. “Bene,” esclamò infine. “Mi hai appena reso inerme. Fai quello che ti hanno chiesto.” Chiuse gli occhi e aspettò.

Joy lo guardò inorridita e non si mosse finché lui non aprì gli occhi e le fece un cenno di incoraggiamento.

Si morse le labbra e scosse la testa, incapace di muoversi e di andare ad aprire la porta. Jack richiuse gli occhi e finse di russare sonoramente.

Stavolta Joy dovette trattenere una risata, prima di ricordare le circostanze in cui si trovavano. Tornò a guardarlo con apprensione, ma fece come lui le aveva ordinato e aprì la porta, mormorando qualcosa.

Uno dei malviventi entrò nella stanza e annuì dopo aver dato un’occhiata al letto dove giaceva Jack, apparentemente addormentato.

Joy, sebbene non avesse ricevuto alcuna istruzione da parte di Jack, controllò se nel corridoio non vi fosse un altro complice e, non trovandovi nessuno, chiuse la porta della stanza, intrappolando il criminale che vi era appena entrato.

L’uomo non se ne accorse e si chinò verso Jack. Ridacchiò e tirò fuori un coltello dalla cintola.

Jack, che stringeva ancora in mano la bottiglia di cognac, alzò il braccio e colpì l’uomo sulla testa. Questi mugugnò qualcosa, lasciò andare il coltello e cadde a terra.

Per un attimo Jack credette di non aver assestato bene il colpo, perché il criminale continuava a bofonchiare.

Il furfante cercò di rimettersi in piedi e così a Jack non rimase che una cosa da fare: ucciderlo senza pietà. Spinse poi il cadavere dell’uomo verso il letto e rivolse uno sguardo preoccupato verso Joy.

La ragazza stava osservando la scena senza battere ciglio. Il suo sguardo tradiva una certa familiarità con quel tipo di violenza che invece avrebbe fatto inorridire qualsiasi altra donna. Quel pensiero lo incupì e per un attimo desiderò liberare la mente di lei da quel fardello.

La prese tra le braccia e la allontanò gentilmente dal cadavere.

Joy posò la guancia sulla sua spalla e Jack la sentì rilassarsi: aveva fiducia in lui. Il pensiero della fiducia di lei gli scaldò il cuore. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di saperla al sicuro e felice.

La vulnerabilità di Joy durò pochissimo: rialzò il capo, scrollò le spalle e rivolse a Jack uno sguardo preoccupato: “Ora devi andare via. Subito. Prima che gli altri si accorgano di quello che è successo.”

***

“L’unica via di uscita è la finestra,” esclamò Jack, cercando di infondere coraggio a Joy, nella speranza che lei non avesse paura di scendere giù dal tetto. “Aiutami con le lenzuola: dobbiamo farne una fune.”

Jack si aiutò con la lama del coltello e insieme cominciarono a unire i lembi dei brandelli di stoffa con dei nodi che avrebbero permesso di mettere i piedi per scendere giù. Una volta terminata, Jack assicurò con un nodo la corda al letto e le diede uno strattone per testarne la resistenza. Lui non ne avrebbe avuto bisogno, ma se riusciva a reggere lui, la corda sarebbe stata più che sufficiente a permettere la discesa di Joy, che era un fuscello.

Diede un’occhiata fuori per verificare che nel cortile non vi fosse nessuno. Raccolse la corda e la buttò al di là della finestra. Il bianco del tessuto illuminò per un attimo il buio della notte. Si sedette sul davanzale. Sarebbe sceso prima lui, per agevolare così la discesa di Joy.

Joy intanto stava controllando la porta, prestando orecchio a eventuali rumori dal basso. Si avvicinò a lui e lo baciò. “Buona fortuna, Jack Kendall. Ti coprirò le spalle se arriveranno troppo in fretta e dirò loro che mi hai drogata con il cognac e hai assalito il loro compare. Griderò come un’ossessa, di modo che tu possa capire quando entreranno in camera… così saprai che dovrai correre più veloce che puoi!”

“Che diavolo…?” Jack imprecò tra i denti. Cosa aveva intenzione di fare? Voleva sacrificarsi per lui? Il solo pensiero che Joy avesse dato per scontato che lui l’avrebbe abbandonata al suo destino gli importava più di tutto il resto, persino del pericolo che stavano correndo.

Si avvicinò a lei e le fece un inchino teatrale: “Perdonatemi, milady. Ho dimenticato le buone maniere. Prima le signore…”

Joy si incupì ed esclamò freddamente: “Non prendermi in giro, Jack. Sappiamo entrambi che cosa sono diventata e il termine signora non mi si addice affatto. Ho rischiato tutto per te, e ora tu butterai tutti i miei sforzi all’aria se non fuggirai via. Scavalca quella dannata finestra e lasciami al mio destino.”

“Forse, quando avremo più tempo, ti insegnerò a imprecare come si deve per essere più convincente con me” esclamò Jack. “Non credere che un debole insulto possa sviarmi e non farmi capire che sei una signora e null’altro, Miss Colliver. Sei una signora che ora ha bisogno del mio aiuto e io non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro. Ora, vieni subito qui e muoviti a scavalcare la finestra.”

Ignorò l’espressione incredula di lei e osservò i suoi piedi. “Fammi vedere le tue scarpe. Mmm. Faresti meglio a togliertele. Mettile nel grembiule e anche questo…” le passò il coltello sottratto preso dal mascalzone che aveva ucciso.

“Ma tu…” tentò di obiettare Joy.

“Ho una pistola, carica… la finestra ha un ottimo affaccio e posso usarla se qualcuno si avvicina a te mentre scendi.” Ma avrebbe reso lui un bersaglio più facile. Però Jack tenne per sé quella considerazione, altrimenti lei non sarebbe mai scesa per prima. Le sorrise come per dirle che lasciare la sua stanza dalla finestra era la cosa più naturale del mondo.

“Ora, metti i piedi sui nodi oppure poggiali contro il muro per aiutarti nella discesa. Decidi tu, devi sentirti sicura. Non andare di fretta e, una volta scesa, aspettami nelle stalle. E se, in futuro, decidi di baciare qualcuno per augurargli buona fortuna… fallo con più convinzione!” Jack la strinse a sé…

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
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