Sei già registrato? Entra nella tua area personale

Fantasie senza volto

di TAWNY WEBER

Durante una festa in costume, la timida Zoe Gaston scopre un lato di se stessa che non credeva di possedere. Con il volto celato da una maschera, è più facile realizzare le proprie fantasie, così tra le braccia di uno sconosciuto si regala inconfessabili quanto superbi momenti di passione. Come dice il proverbio, però, il bel gioco dura poco: quando ogni inganno viene a cadere, scopre che quell'uomo irresistibile è proprio "lui", il suo...

1

La ragazza candidata numero uno a morire vergine. Così squallida e insignificante da dover partecipare al ballo studentesco di fine anno da sola. La regina delle brutte e secchione.
    Zoe Gaston increspò la bocca in una lieve smorfia di disprezzo. Una descrizione edificante, quella scribacchiata a mano sotto la sua foto nell'annuario del diploma, considerò. Odiava quelle perfide classificazioni, affibbiate con la tipica incurante crudeltà dell'adolescenza. Tuttavia, come dare torto ai suoi compagni? Lei stessa aveva definito gli anni del liceo un'ode al lato oscuro. All'epoca, teneva i capelli neri corvini sempre modellati a punta con un apposito gel, si truccava gli occhi con una matita rigorosamente nera, e sulle labbra metteva un rossetto lucido, del medesimo colore. Una paffuta ma geniale ragazza dark.
    In altre parole, una disadattata fuori di testa.
    «Mi domando perché mai dovrei partecipare a questa riunione di ex studenti» chiese con amarezza, più a se stessa che a Meghan.
    «Per i soliti motivi, no? Per rivivere e ripensare con nostalgia ai begli anni dell'adolescenza, e avere l'occasione di incontrare tutti i tuoi amici.»
    La cognata di Zoe credeva davvero in ciò che aveva appena affermato. Doveva essere stata la classica tipa che adorava andare a scuola. Un sacco di amici, feste, divertimenti, grandi consensi. Proprio tutto l'opposto della sgradevole esperienza di Zoe.     Tralasciando un breve weekend, quando quel fusto sexy della squadra di football, per il quale lei si era presa una cotta stratosferica, aveva dimostrato di contraccambiare il suo interesse, lei aveva trascorso gli anni della scuola superiore malvista e indesiderata.
    «Oh, sì, i bei vecchi tempi» ironizzò caustica Zoe, guardando Meghan di traverso. «Cioè, quando le ragazze pompon mi odiavano, i ragazzi avevano paura di me e gli insegnanti facevano festa se ero assente alle lezioni.»
    Indispettita dal suo sarcasmo, Meghan scrollò le spalle e le strappò dalle mani l'annuario, gettandolo bruscamente sul divano.     «Hai pubblicamente deriso le cheerleader!» le ram-mentò, come se si fosse trattato di un atto criminale da punirsi con la detenzione.
    Zoe dovette mordersi il labbro inferiore per non riderle in faccia, realizzando che Meghan, con ogni probabilità, conservava ancora con orgoglio due coloratissimi pompon nell'armadio.
    «Inoltre, Zack mi ha confermato che hai affibbiato un potente calcio nelle parti intime del quarterback» continuò Meghan, con una vocetta stridula che denotava choc e irritazione. «Per non parlare dei tuoi continui scontri con gli insegnanti!»
    «Vedi? Non ero adatta a quella scuola. E non deside-ravo nemmeno esserlo. Quindi – per tornare in argomento – non ho nessuna intenzione di partecipare alla rimpatriata.» Zoe allargò le braccia, con un'espressione di falso candore.     «Tu devi assolutamente andarci!» sillabò Meghan. «Devi mostrare loro che donna favolosa e di successo sei diventata. Fa' che si rimangino tutto ciò che di brutto e cattivo hanno detto di te.»
    «Oh, certo! Sai che trionfo! Non sono una bellezza, e ho cambiato tanti di quei lavori che non li ricordo nemmeno più. Per non parlare di quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho fatto sesso! Potrei anche essere tornata vergine. Pensa come li renderei felici!»
    «E allora? Mica devi presentare un certificato di ser-vizio per attestare la tua attività sessuale!»
    Zoe le lanciò un'occhiataccia, poi sollevò il suo bicchiere di margarita e lo sorseggiò con lentezza. Ancor prima che potesse escogitare qualche risposta, Meghan sbuffò come una bimba indispettita.     «Se non ti presenti, tutti penseranno che avevano ra-gione. Non puoi dargliela vinta a questo modo!»
    Sbalordita per il fervore della cognata, Zoe stava per spiegarle che a lei non importava quello che pensavano i suoi vecchi compagni. Che continuassero pure a con-siderarla una perdente! Poi, di colpo, si bloccò. Eh, no. Questo non era vero, ammise. Lei adorava vincere. Era una necessità inarrestabile, che la spingeva a partecipare a ogni competizione, un impulso che la obbligava a cercare di avere sempre l'ultima parola. Questo indomabile bisogno l'aveva spronata a rimanere a scuola anche dopo la morte dei genitori, per dimostrare che tutti quegli assurdi pettego-lezzi su di lei erano falsi.
    Naturalmente, nel momento in cui l'obiettivo era rag-giunto, lei perdeva ogni interesse. La noia era, per Zoe, la peggiore tragedia in assoluto.
    «In questo caso, posso benissimo soprassedere al mio desiderio di vittoria» borbottò, sollevando il biglietto d'invito che il comitato organizzativo aveva inviato a suo fratello, dato che non era riuscito a rintracciare il suo indirizzo. Sì, forse avrebbe potuto rinunciare e non partecipare alla riunione. «Non mi piace l'idea di essere posta di nuovo sotto tortura.»
    «È una stupidissima scusa. Hai paura di scoprire che avevano ragione sul tuo conto!»
    Zoe strinse gli occhi. «Ma perché insisti tanto che io ci vada? Cosa t'importa?» le domandò incuriosita, ca-povolgendo la situazione.
    Occhi bassi e viso rabbuiato, Meghan afferrò un cuscino color fucsia e fece scorrere le dita affusolate attraverso le frange. La fede nuziale, tempestata di brillanti, scintillò nel movimento. «Zach è nei guai» confessò, alla fine.
    Zoe si raddrizzò di scatto, facendo fuoriuscire un po' di margarita dal suo bicchiere. Afferrò con ansia il braccio di Meghan. «Che guai? Cos'è successo a Zach? È malato?»
    «No, niente del genere» si affrettò a rassicurarla l'altra, i grandi occhi blu spalancati. Forse Zoe aveva reagito con eccessiva veemenza ma Zach era tutto ciò che aveva. «Sta bene. Sovraccarico di lavoro, stressato, come al solito. N    on è la salute... sono gli affari.»
    «La Z-Tech, vuoi dire?» chiese Zoe, riferendosi alla compagnia del fratello ed esalando un sospiro di sollievo.     La ditta creava videogiochi particolari, che assecon-davano le richieste e i gusti dei mercati di nicchia. Come esperta consulente aziendale, Zoe aveva consigliato a Zach di ampliare i propri orizzonti, ma la sua risposta era sempre stata negativa. Voleva rimanere nel campo della produzione specializzata.
    «Il suo nuovo sistema sta presentando dei problemi?»
    Meghan annuì. «Mi ucciderebbe se sapesse che te ne sto parlando. Ha investito tutto il suo capitale in questo progetto, e adesso nessuno è interessato a sviluppare il prototipo. Se non dovesse decollare, la Z-Tech chiuderà nel giro di un anno.»
    «Dannazione» sussurrò Zoe, riappoggiandosi allo schienale della sedia.
    La Z-Tech era tutto per Zach. Adorava sua moglie, ma la compagnia rappresentava il sogno della vita. Quando erano bambini, lui le aveva più volte raccontato di come l'avrebbe avviata e progettata nei minimi particolari. I loro genitori si erano trasferiti a Bradford, nell'Idaho, quando lei aveva quindici anni. Suo fratello, allora diciottenne, era rimasto nella Silicon Valley per tentare la fortuna. Quando entrambi i genitori morirono, Zach mise da parte i suoi sogni e raggiunse la sorella. Per sostenersi e permettere a lei di terminare la scuola, andò a lavorare in un'azienda specializzata nel commercio elettronico.
    Zach aveva fatto tanto per lei e Zoe gli doveva tutto. Non l'aveva dimenticato. Il suo affetto e la sua presenza l'avevano spronata a continuare gli studi, a eccellere e a non lasciarsi mai abbattere dalla disperazione quando il mondo le sembrava un inferno.     Schivo e un po' burbero, Zach aveva sempre alzato gli occhi al cielo e cambiato discorso ogni volta che lei gli aveva espresso la sua gratitudine.
    Tre anni addietro, dopo che lei aveva mollato il suo ennesimo impiego, suo fratello le aveva consigliato di sfruttare le sue qualifiche e proporsi come consulente aziendale. Prendeva in mano una situazione critica, la risolveva e poi se ne andava ancor prima che potesse annoiarsi. Specializzata nell'avviamento di attività pro-blematiche o poco strutturate, Zoe valutava, accertava e creava strategie per aiutare le compagnie ad avanzare di livello. Altre volte, nel caso di crisi irrisolvibili, suggeriva opzioni affinché la ditta potesse reinventarsi.
    Così facendo, Zoe si era creata una carriera molto in-teressante e remunerativa, facendole dimenticare tutti i miseri insuccessi del passato. E ora il suo adorato fratello, colui che le aveva permesso di diventare quella che era, correva il rischio di perdere la propria attività. Poggiò il bicchiere sul tavolino accanto a lei, e corrugò la fronte. Niente come l'amaro gusto dei debiti poteva rovinare la perfezione di un margarita.
    «Quindi, gli è venuta questa idea» riprese Meghan, con il tono di voce smorzato. «Zach ritiene che, se riuscisse a ottenere un aggancio, sarebbe in grado di rimettersi in sesto.»
    «Qualcosa che convinca gli acquirenti a provare il suo sistema e a dimostrare loro che è unico nel suo genere?» chiarì Zoe.
    «Esatto.»
    «Mi sembra una buona idea» fu il commento di Zoe che, in realtà, aveva già più volte suggerito qualcosa del genere al fratello. Purtroppo, quello era il limite di Zach. Il suo incorreggibile atteggiamento di ostentata spavalderia. Se per lei l'inferno era rappresentato dalla noia, per il fratello era il fallimento. «Quindi, qual è il problema?»
    «Zach ritiene di aver bisogno di una grafica sensa-zionale. Ed esiste un solo designer che potrebbe aiutarlo, in questo momento. Non solo è famoso e geniale, ma ha anche lavorato per ogni grande nome del settore.»
    Iniziando a intuire dove tutto questo giro di parole sarebbe andato a parare, Zoe sporse le labbra pensierosa e attese.
    «Si fa chiamare Gandalf, il mago dei videogame. È il miglior designer di videogiochi in circolazione ed è anche un totale mistero. Nessuno sa chi sia realmente. Zach ha tentato di raggiungerlo attraverso la Leeton, la compagnia con la quale collabora, ma senza alcuna fortuna» esalò Meghan, accompagnando le sue parole con l'ennesima sbuffata di frustrazione. «Ho provato anch'io a cercare quest'uomo ma è come brancolare nel buio. Nessun risultato, se non qualche voce, qualche pettegolezzo.»
    Ecco entrare in gioco la questione della riunione degli studenti. Pronta ad affrontare la situazione, Zoe terminò di sorseggiare il suo margarita. Oh, sì, persino lei aveva sentito indiscrezioni a proposito di Gandalf.
    Meghan si voltò e, intuendo dall'espressione di Zoe che lei sapesse di chi stessero parlando, sorrise con aria trion-fante. «Lo conosci, vero?»
    «No.» Non era una bugia. Non aveva la più pallida idea di chi fosse Gandalf.
    «Ma lui conosce te. È pazzo di te! Persino Zach ha dovuto ammetterlo, sebbene di malavoglia. Dai, lo hai visto anche tu il videogame che lo ha reso famoso, Class Warfare.»     «Sciocchezze» obiettò secca, sebbene sospettasse che Meghan avesse ragione. Cinque anni prima, dopo essere stata incuriosita dagli altisonanti elogi del fratello, Zoe aveva voluto dare un'occhiata al gioco. Il designer aveva vissuto a Bradford, senza alcun dubbio. Le analogie erano troppe: punti di riferimento, avvenimenti, modi di dire. Lei.
    Zoe rabbrividì. Ancora non aveva deciso se sentirsi lusingata o preoccupata dal fatto che la protagonista principale, dal seno abbondante e a malapena coperto chiamata SweetCheeks, fosse basata su di lei. Non nell'aspetto, ma nell'atteggiamento. Qualche sua frase tipica, l'abitudine di tormentarsi il labbro inferiore quando stava pensando. L'orribile capigliatura nera, con le ciocche viola appuntite dal gel, che ostentava durante gli anni della scuola. E, soprattutto, il tatuaggio tribale con le ali, in bella mostra sulla schiena. Era più che evidente che questo tizio la conosceva bene.
    «Sciocchezze, un corno!» replicò Meghan, battendo una mano sulle sue lunghe cosce, inguainate in un paio di jeans. «Per risolvere il problema di Zach dobbiamo scovare questo designer, che guarda caso proviene dalla tua stessa città. E dato che sembra abbastanza evidente che lui ti abbia conosciuto bene, visto che ha potuto ammirare la tua schiena nuda, è probabile che abbia più o meno la tua età. Quindi, presenzierà alla rimpatriata degli ex studenti. Capisci dove voglio arrivare, vero?»
    «Sì, ma non credo che la mia partecipazione potrà es-sere utile. Nessuno mi rivolgerà la parola. Sono sempre stata considerata una sfigata e odiosa secchiona» brontolò Zoe.
    «Quante storie!» esclamò Meghan percependo che c'erano ancora delle possibilità di convincerla. «Zach e io ti adoriamo.»
    La lama rigirava sempre più nel proprio senso di colpa. Agitata e combattuta, Zoe avvertì il bisogno di muoversi. Così si alzò e si diresse in cucina, dove si versò un altro bicchiere di margarita.
    Central High School. Esclusiva, superba, severa. Zoe non si era mai ambientata. A quindici anni era una dark cervellona e lunatica. Proprio un bel tipo! Odiava tutto e tutti, tranne Dex, il suo unico amico. Grazie a lui, era riuscita a sopportare il fatto di non essere accettata.     Purtroppo, quando aveva sedici anni, i suoi genitori persero la vita in un incidente automobilistico e Zoe dovette affrontare un altro spiacevole aspetto della realtà di quell'odiosa cittadina dalla mentalità rigida e ristretta. I pettegolezzi e le malelingue. Mentre lei era sopraffatta dallo choc e dall'immenso dolore, indiscrezioni e maldicenze si moltiplicarono in maniera esponenziale. Secondo le voci di corridoio, i suoi genitori sarebbero stati sul punto di divorziare e si diceva che sua madre avesse una relazione con il preside della scuola.
    Piena di vergogna e frustrazione, Zoe avrebbe voluto mollare la Central High e andarsene da quella schifosa città per sempre. Tuttavia, Zach aveva insistito affinché lei prendesse quel dannato diploma. E aveva fatto bene. Adesso toccava a lei sostenere suo fratello, per dare al suo sogno un'opportunità. Desiderava dal profondo del cuore che lui ottenesse il successo che meritava e, inoltre, voleva mettersi alla prova, dimostrare di valere.
    Zoe sospirò. Aveva bisogno di ancora un po' di car-burante. Tornò in soggiorno con la caraffa e riempì di nuovo entrambi i bicchieri di margarita.
    «Lo sai che Zach si arrabbierà come una tigre, se do-vesse scoprire quello che stai facendo, vero?» avvisò la cognata, sedendosi. «Non siamo nemmeno certe che Gandalf sia di Bradford. Non abbiamo reali motivi per credere che parteciperà alla riunione studentesca.»
    «Tuo fratello dice di sì. Tutti gli accenni, i riferimenti alla città e a te, fanno pensare che non potrà mancare.»
    Il senso di colpa era ormai un torrente in piena.
    Cogliendo una crepa nella resistente armatura di Zoe, Meghan si apprestò ad affondare il colpo di grazia. Con un sorrisetto impudente, estrasse dalla propria borsa una grossa busta e gliela porse.
    «Tieni. Qui dentro ci sono maggiori informazioni sulla riunione. Le ho raccolte visitando il sito della scuola. Quando ho letto che stavano organizzando una rimpatriata, ho immediatamente inviato una mail per ricevere l'invito e tutto il materiale a riguardo.»
    Zoe inarcò un sopracciglio. Ecco come avevano fatto a trovarla. Non erano stati i suoi ex compagni a cercarla. Fi-guriamoci.
    «Pensa che nel sito ho persino trovato commenti, congetture e ipotesi sull'identità di Gandalf» continuò Meghan, infervorata e sollevata dal fatto che Zoe non si fosse infuriata per la mossa azzardata compiuta alle sue spalle. «Un sacco di gente si sta chiedendo se ha fre-quentato davvero la vostra scuola, se parteciperà alla rimpatriata o meno. Cose del genere.»
    Zoe roteò gli occhi e sospirò. «Anche se dovesse es-serci, non credo proprio che si farà notare – magari in-dossando un cappello a punta o stringendo un joystick – visto che sono cinque anni che i maggiori nomi dell'in-formatica lo inseguono senza alcun successo.»
    Il viso di Meghan era una maschera di cocciutaggine. Allora, come faceva ogni volta che doveva affrontare una complicata questione aziendale, Zoe iniziò ad analizzare la sua amica un pezzo alla volta, per trovare una via d'uscita indolore a quella situazione. In pratica, il suo cervello era entrato in modalità strategica.
    Intanto che rifletteva sulle svariate angolazioni e pro-spettive, afferrò l'opuscolo davanti a lei. Una volta girate alcune pagine, tutti i piani tattici svanirono dalla sua mente. Lo stomaco le si annodò. Gli occhi ridotti a due fessure sottili, fissò la sgranata foto in bianco e nero che immortalava il re e la reginetta del ballo di fine anno. Brad Young e Candice Love. Il suo grande amore e la ragazza che glielo aveva portato via.
    Le sfuggì un brontolio rabbioso. Candice era quella ignobile, spregevole cheerleader che le aveva reso la vita un inferno. Socialmente agli antipodi, le due ragazze erano state in continua competizione, soprattutto durante il periodo degli esami. Con una smorfia di soddisfazione, Zoe rammentò di averla battuta quattro volte su cinque. Ma Candice si era presa la rivincita in altri modi. Brutta bastarda!
    Le voci riguardo i suoi genitori erano iniziate a circolare la stessa settimana in cui Zoe aveva vinto un importante premio per l'eccellenza dei suoi risultati scolastici. Candice, verde dall'invidia, era andata in giro a raccontare che, grazie alla relazione di sua madre con il preside, Zoe era stata raccomandata per ottenere quel riconoscimento.
    Zoe non aveva creduto a una sola parola. Era a cono-scenza dei problemi fra i suoi genitori, ma imbrogli e raggiri erano un altro paio di maniche. Non aveva mai perdonato Candice per la sua meschinità.
    Aiutare suo fratello le avrebbe anche fornito la possi-bilità di dimostrare a quelle boriose cheerleader e alla loro banda di amichetti che donna attraente e di successo fosse diventata.
    Zoe sollevò il mento con aria risoluta, pronta per la battaglia. «Okay. Ci andrò.»
    «Grazie, Zoe!» esclamò Meghan, con la voce rotta dalla gioia e con la gratitudine riflessa nei suoi grandi occhi azzurri. «Ah, dimenticavo. Dovrai prenotare una stanza nell'hotel in cui si svolge la riunione e avrai bisogno di un costume.»
    «Che cosa? Ci andrò, ma non indosserò nessuna stu-pidissima maschera!» tuonò Zoe.
    «Ti prego! Se devi partecipare a questa festa per trovare Gandalf, devi almeno fingere di stare al loro gioco.»
    Zoe arricciò il naso. Non aveva calcolato questa e-ventualità. Lo sguardo supplicante di Meghan abbatté le sue ultime difese e annuì. «Scriverò per confermare la mia partecipazione. Inoltre, conosco i proprietari del Drake Inn, dove si svolgerà la riunione, e prenoterò una stanza. Quindi andrò là e indagherò su questo Gandalf. Ma non indosserò un costume!»
    «Devi farlo! È una festa in maschera!» dichiarò l'altra, sventolando l'invito.
    «Non ci penso nemmeno! Troverò qualcosa nel mio guardaroba e mi metterò quello.»
    Stava andando in missione, non a divertirsi. Magari avrebbe dato un'occhiatina a Brad Young e gli avrebbe mostrato cosa si era perso. Biondo e palestrato, aveva ispirato tutte le sue più torbide fantasie, non soddisfa-cendo, però, il suo desiderio di liberarsi una volta per tutte di quel fastidioso problemino della verginità.
    Finalmente si sarebbe tolta qualche sassolino nella scarpa, decise infine Zoe, intanto che considerava l'op-portunità di acquistare della nuova e sensuale biancheria intima. Glielo avrebbe fatto vedere lei, chi sarebbe morta vergine.
    Due settimane più tardi, accompagnata dal provocante ticchettio del tacco a spillo di dieci centimetri dei suoi stivaletti, Zoe si dirigeva a grandi passi verso le porte d'entrata del Drake Inn. Aveva trascorso parecchio tempo in quel luogo, perché i proprietari erano i genitori del suo migliore amico, Dex.     Originale ed eccentrico, Dex aveva sempre condiviso ogni suo sogno o progetto. Lui era un genio della ma-tematica, e insieme costruivano castelli in aria, incompresi e tenuti a distanza dalla maggior parte degli abitanti gretti e meschini di quel luogo.
    Come avrebbe voluto possedere ancora quell'adole-scenziale arroganza che li contraddistingueva! Appena giunta in città, Zoe era stata colta da molti dubbi e in-certezze, come una volta.
    Con Meghan aveva steso un brillante piano d'azione, ricco di idee e di risorse, proprio come era solita fare nelle sue consulenze aziendali. Dopo aver scorso l'annuario, aveva preparato una lista di nomi di persone con le quali parlare cercando di intuire chi, fra i suoi compagni di classe, potesse essere il mago. Aveva inviato decine di mail ai contatti del fratello per cercare di avere qualche informazione aggiuntiva. Niente. Il buio più assoluto.
    Il suo piano per quella settimana sarebbe stato dividere e conquistare. Avrebbe parlato con tutte le persone della lista, dagli insegnanti agli studenti, avrebbe ricercato indizi nei luoghi presenti nei videogiochi di Gandalf. Insomma, si sarebbe comportata da perfetto segugio, e in un modo o nell'altro, avrebbe scovato l'uomo che avrebbe salvato Zach.
    Come SweetCheeks, si disse raddrizzando le spalle in atteggiamento bellicoso, aveva una missione da compiere. Poche storie.
    Reprimendo una risatina, Zoe raggiunse l'entrata dell'hotel ed emise un lungo respiro. Chissà se qualcuno l'avrebbe riconosciuta. Non era più la ragazzina goffa e grassoccia, dalle pettinature impossibili e con un'esage-razione di piercing sparsi ovunque. Ora i suoi capelli neri erano illuminati da colpi di sole che andavano dal rosso al biondo. Sfoggiava ancora qualche chilo di troppo, ma invece di camuffare le sue curve sotto maglioni sformati, adesso le enfatizzava. Gli unici piercing rimasti erano i due fori ai lobi delle orecchie, abbelliti da orecchini tintinnanti.
    «E ora, diamo inizio allo spettacolo» mormorò, spin-gendo la porta.
    Dieci minuti più tardi, aveva già preso possesso della propria camera, ritirato il pacchetto di benvenuto ed e-vitato incontri indesiderati. Almeno fino a quel momento.
    «Zoe? Sei davvero tu?» Uno stridulo coretto, seguito da una sciocca risatina, immobilizzò Zoe che stava at-traversando la hall.
    Non potevano essere che loro, grugni tra sé, prima di voltarsi. Le gemelle Fenton. Due perfette bambole di porcellana dai capelli rossi, completamente prive di anima e cervello.     «Salve» le salutò Zoe, con tono incolore, colta da un improvviso desiderio di scappare via. «Anche voi qui.»
    «Guarda chi si vede. Sei cambiata davvero!» squittì una delle due, intanto che l'altra la studiava dalla testa ai piedi, valutando il costo del suo abbigliamento – pantaloni di pelle, tunica di velluto nero e stivaletti – fino all'ultimo centesimo.
    «Sorprendente, vero?» affermò lei, con un sorriso caustico. «Voi, invece, non siete cambiate affatto.»
    Julie e Jackie, impossibili da distinguere l'una dall'altra, cinguettando in maniera irritante si lanciarono su di lei per abbracciarla, senza notare la sua rigidità. Quindi, con un continuo sovrapporsi di risatine e urletti, la misero al corrente degli ultimi pettegolezzi, come se fosse una di loro.
    Zoe, diffidente, strinse gli occhi in due fessure. Dieci anni prima l'avevano evitata come la peste, e ora si di-lungavano in questo caloroso e amichevole benvenuto. Cosa c'era sotto?
    «Sai che c'è anche Brad Young? Ho sentito dire che ha divorziato. È ancora fichissimo, e per giunta naviga nell'oro» cinguettò Jackie.
    Zoe si guardò subito attorno. Chissà se Brad era in-vecchiato bene, se si ricordava di lei e, soprattutto, chissà se rammentava il loro solo e unico appuntamento dal quale era fuggito, lasciandola col cuore spezzato.     Al diavolo! si disse Zoe scrollando le spalle per liberarsi da quei dolorosi ricordi e dalle insicurezze che essi rivangavano. Si focalizzò, invece, sulle illazioni delle gemelle a proposito dell'inaspettata agiatezza raggiunta dal bel giocatore di football.
    Julie le lanciò un'occhiata ambigua. «Ricordi quelle assurde voci su di te e Brad?»
    Erano in grado di leggere nel pensiero, quelle due in-sopportabili galline? Zoe irrigidì la mandibola, infastidita dai loro stupidi risolini. Sapeva che cosa stavano pensando quelle due sciacquette: era inconcepibile che una come lei avesse potuto anche solo avvicinarsi a Brad.
    Le regine delle malelingue, che non temevano di infilare le loro delicate manine nel sudiciume delle falsità, erano tornate per rivendicare il loro ruolo.
    Zoe digrignò i denti per evitare di abbassarsi al loro livello e di mandarle a quel paese. Inoltre, doveva stare al loro gioco, se voleva scovare indizi su Gandalf. Sbatté le ciglia e regalò loro un sorriso civettuolo.     L'effetto fu immediato. Le gemelle spalancarono i loro grandi occhi azzurri e si avvicinarono come se dovessero essere messe al corrente di un importantissimo segreto. Perfetto. Forse quelle due oche, depositarie di tutte le dicerie riguardanti la scuola, sarebbero state la sua salvezza.     In base alle ricerche che aveva fatto, Zoe aveva ristretto a quattro il numero dei sospetti. Con suo grande rammarico, uno di questi era proprio Brad, grande esperto di informatica. Qualche voce di corridoio, qualche controllo sulle biografie dei partecipanti alla festa di quella sera, e il gioco era fatto. Sarebbe riuscita a identificare Gandalf. Tuttavia, non poteva negare che dover affrontare Brad la faceva sentire sotto pressione.
    «Non sono il tipo che ama dare scandalo e, comunque, credo che nessuno sia interessato ai miei piccoli segreti. Non credete?» esordì Zoe, dando inizio alla prima parte del suo piano, con sottile maestria. «Dopo tutto, non sono io quella che, dopo il diploma, ha ottenuto fama e fortuna. Non si sa nulla delle vite dei nostri ex compagni? Che so, dove vivono, cosa fanno. Non posso credere che non sappiate cose del tipo chi ha sposato chi o chi ha sfondato.»
    «A dire la verità, qualcosa sappiamo. Qualche piccolo dettaglio, s'intende» azzardò Julie, scambiando uno sguardo d'intesa con la sorella.
    «Racconta» la incoraggiò Zoe, sforzandosi di imitare la loro stessa espressione stupidamente estasiata.
    «Ti ricordi Teresa Roberts? Quella ragazza che aveva una cotta per te?» La gallina di turno non diede a Zoe nemmeno il tempo di trasalire. «È ricca da far schifo, ho sentito. Pare che abbia avuto un enorme successo nella creazione di non so che tipo di programmi per computer.»
    Oddio! Teresa, computer, successo. Poteva essere. Tutto tornava. Dati i suoi gusti sessuali, non c'era da meravigliarsi che potesse aver scelto uno pseudonimo maschile.
    Prima che lei potesse tentare di ottenere ulteriori det-tagli, un'altra donna, che Zoe non riconobbe, si unì a Julie e Jackie in un ennesimo coro di strilli e squittii.     Concludendo che sarebbe andata a caccia di pettegolezzi più tardi, Zoe si defilò senza che il trio se ne accorgesse.     In quell'istante, un rumore assordante la fece voltare di scatto. Qualcuno aveva fatto cadere un carrello pieno di bagagli. Zoe vide un ragazzo precipitarsi per aiutare a raccogliere valigie e borsoni. Il fatto che gli ricordasse qualcuno fu subito ignorato in favore del lato B che lui, chinato, le stava mostrando.
    Accidenti! Il più bel culo su cui le fosse mai capitato di mettere gli occhi. Una scossa di tensione sessuale la percorse e Zoe si torturò il labbro inferiore, domandandosi se anche il lato A fosse così degno di nota.
    L'uomo si raddrizzò, i bagagli furono rimessi a posto e gli ospiti rassicurati. Dopo qualche istante si voltò verso di lei, e rimase impietrito. I loro sguardi s'incontrarono. Il cuore di Zoe fece un balzo nel petto, togliendole il respiro come se stesse precipitando nel vuoto. Ogni singola cellula del suo corpo s'incendiò di puro desiderio. Splendido, fu tutto ciò che riuscì a pensare.
    I lunghi e spettinati capelli castani scuri incorniciavano un viso che faceva rievocare poeti o studiosi di un tempo. La mascella volitiva e le sopracciglia scure donavano intensità a quei nobili lineamenti. Zoe voleva vedere i suoi occhi. Erano tanto sexy anche da vicino?
    Una morbida camicia blu metteva in risalto le sue ampie spalle ma celava le fattezze del suo torace. Zoe si inumidì le labbra secche per l'emozione, domandandosi se fosse muscoloso e forte, o morbido e carezzevole.
    Il suo sguardo scivolò poi sui jeans scoloriti che fa-sciavano le sue lunghe gambe, snelle e nervose. Anche ciò che risaltava nel mezzo, in modo prominente e marcato, sembrava molto interessante. Quel corpo le gridava, anzi, le ruggiva sesso.
    Lui le sorrise, rialzando solo un lato della bocca. Un campanello risuonò nella mente di Zoe. Conosceva quel sorriso ma era troppo distratta da tutto il resto di lui per prestarci attenzione. Ricambiò il sorriso, raddrizzando la schiena per mettere in mostra il suo seno generoso.
    D'improvviso, Zoe considerò che, oltre a scovare Gandalf, si era aggiunto un secondo impegno da portare a termine, quella settimana. Doveva scoprire in quanti modi sarebbe riuscita a far godere quel ragazzo.

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
< Vai a Capitolo Prologo Vai a Capitolo 2 >