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Emergenza: ex in corsia!

di CAROL MARINELLI

Ogni medico del Pronto Soccorso trema all'idea di poter riconoscere qualche paziente in questo reparto, persino il razionale ed efficiente dottor James Morrell. Rimane quindi doppiamente scioccato quando si imbatte in una donna priva di sensi identica alla sua ex moglie!

Lorna McClelland non sopporta di essere bloccata in un letto d'ospedale e di dover dipendere proprio dall'uomo che l'ha ferita di più. Tuttavia, una volta guarita, si rende conto che la passione che la lega a James è tutt'altro che sbiadita.

 

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Il dottor James Morrell entrò nella stanza dei medici. Nell'ambiente, affollato durante la pausa collettiva, colleghi e infermieri parlavano tutti insieme, suscitando un intenso brusio. James sedette, ingollando con sollievo il suo caffè caldo. Proprio ciò che gli oc-correva, pensò, per riprendere l'energia necessaria e continuare ad affrontare l'emergenza di quel venerdì pomeriggio, in pieno inverno.
Il grave incidente sullo svincolo per l'autostrada M1 - slittamenti sul ghiaccio e tamponamenti a catena - aveva coinvolto un autobus, numerose vetture e gettato nel caos il traffico già intenso di Londra. Molti ospedali della città erano pronti ad accogliere i feriti, ma il soccorso immediato, reso ancora più difficoltoso dalle avverse condizioni atmosferiche, era partito da quello più vicino al luogo dell'incidente, il North London Regional Hospital, dove lavorava Morrell. Squadre di medici, ambulanze e infermieri inviati sul posto, personale fuori servizio convocato con urgenza.
Alle cinque, tutto lo staff del Pronto Soccorso si accingeva a completare il lavoro residuo. May Donnelly, l'energica caposala, aveva organizzato per tutti una necessaria pausa di ristoro.
Appena possibile, May chiamò il marito. Anche quella sera sarebbe rientrata tardi, lo avvertì, dispiaciuta. Con la sua abituale gentilezza, lui le rispose di non preoccuparsi, ricordandole di tenere sempre presente che giusto tra un anno, nello stesso mo-mento, li aspettava la crociera da lungo programmata per festeggiare l'inizio della pensione.
«Molto bene, ragazzi.» Alla voce profonda e autorevole di James cadde un silenzio improvviso. «Ottimo lavoro. Ne parleremo meglio tra un paio di giorni, per ora vi basti sapere che avete suscitato l'ammirazione dei dottori e dei Vigili del Fuoco, lodi naturalmente estese anche al gruppo delle future infermiere» aggiunse, guardando in direzione delle studentesse che seguivano il corso presso l'ospedale.
May sorrise tra sé, notando l'imbarazzo compiaciuto delle allieve. Riflesso automatico, in ogni donna, allo sguardo di James, lo sapeva da tempo. Con i suoi quarant'anni di esperienza come infermiera, May aveva molte storie interessanti da raccontare, e consigli da offrire alle giovani leve.
Ma neanche una di quelle ragazze le avrebbe dato ascolto, ne era sicura, sentendo dire che era perfettamente inutile tentare di attirare l'attenzione del dottor James Morrell.
Alto, capelli castani lisci e penetranti occhi verdi, lineamenti gradevoli e bicipiti da campione, James non passava certo inosservato, nel reparto, special-mente quel giorno, nel completo da sala operatoria a maniche corte. Specialista in Pronto Soccorso, ruolo dirigente, a trentacinque anni era ancora single, particolare che aumentava l'interesse intorno alla sua persona.
«James, sarai al rinfresco di saluto per Mick, sabato prossimo?» chiese in quel momento Kristy, interpretando il pensiero delle altre ragazze.
«Può darsi, forse solo per brindare.» Risposta evasiva. James tornò a fissare il televisore, che in realtà non stava guardando. Tentava di distrarsi, senza riuscirvi.
Eppure il peggio era passato, e non era la prima volta che affrontava un grave incidente con più di quaranta vittime. Ma in lui quella strana sensazione di inquietudine ancora persisteva, inspiegabilmente. Nonostante tutto il lavoro compiuto, gli sembrava che ancora non fosse finita.
Abby gli sorrise. «Allora potrei darti un passaggio.»
James continuò a fissare lo schermo.
«Vuoi che ti accompagni, James?» disse ancora Abby, convinta che lui non avesse udito.
Ha proprio deciso di conquistarlo, pensò May, ironica, perché Abby, la nuova specializzanda dall'aria altera, non le piaceva affatto. E aveva già messo i suoi freddi occhi azzurri su James, era evidente.
«Non importa» replicò James, senza girarsi. «Non so neanche se andrò al rinfresco.»
«Se vi andrai solo per brindare, non mi costa nulla darti un passaggio, non capita spesso a noi due di essere entrambi liberi il sabato sera.»
May sorrise di nuovo tra sé. Abby parlava come se lei e James fossero una coppia anziana che non riusciva a passare più tempo insieme.
«Avrei degli impegni, per sabato prossimo» tagliò corto James, con uno di quei sorrisi cortesemente distaccati, che chiusero la questione, costringendo Abby a ritirarsi. «Ma forse riuscirò a passare da Mick, almeno per salutarlo» aggiunse, sottolineando la propria stima e il grande rispetto per il portantino che lasciava il lavoro dopo vent'anni. «A proposito, chi sta raccogliendo il danaro per il suo regalo?»
«Io» rispose May. «Hai già versato la tua quota.»
«Sicuro?»
«Sicuro» annuì May. Le ragazze del corso per infermiere, e anche Abby, non capiranno mai che per James Morrell professione e divertimento vanno accuratamente separati, pensava. Certo, con trent'anni di meno, anche May avrebbe tentato di interessarlo, anche se non sarebbe servito a niente. Negli anni di lavoro passati insieme, non lo aveva mai visto legarsi a qualche donna del reparto, o presentare una fidanzata ai colleghi.
C'era in lui una riservatezza, un distacco che May ancora non comprendeva. Sempre educato, corretto, gentile, James restava però un libro chiuso. Sapeva conversare su ogni argomento, commentare le notizie rilevanti. Parlava con i pazienti, con tutti gli altri, senza nessun problema. E mai di se stesso.
La sua vita sentimentale, un mistero. Ma non era possibile che uno come lui non mettesse alla prova l'innegabile successo che doveva riscuotere con le donne.
May, nel suo ruolo di dirigente, era autorizzata a chiamarlo a casa, anche di notte, per qualche caso urgente. Voci femminili rispondevano talvolta al telefono, con mormorii assonnati, e spesso udiva il re-spiro ansante di James. Ma nessuno, al suo apparire quasi immediato nel reparto del Pronto Soccorso, poteva giurare che la chiamata avesse interrotto bruscamente qualche sua piacevole attività.
Pauline, carissima amica di May, teneva in ordine la casa di James. Molto discreta, non aveva mai riposto alle domande vagamente inquisitorie di May, o lasciato intendere che James Morrell era davvero quel rubacuori che sembrava, almeno fuori dell'ospedale.
Solo una volta, mentre si cambiava per salire sull'elicottero con la squadra, May aveva notato dei chiari segni di unghie femminili sulla sua schiena. Un'immagine che ancora adesso suscitò in lei pensieri imbarazzanti, accompagnati da improvviso rossore. May sedette, sventagliandosi il viso.
«Tutto bene, May?» chiese James, attento come sempre.
«Fa un po' caldo...»
«Il riscaldamento non è ben regolato» commentò lui, guardando dalla finestra la neve accumulata, e nuovi fiocchi volteggiare nella luce di un lampione. «Fuori si gela, e qui dentro sembra una sauna.»
Sebbene più tranquillo, James non riusciva ancora a rilassarsi, per quanto vi provasse.
La radio gracchiò, e una voce femminile annunciò l'arrivo di un altro paziente.
«Mi dispiace, Lavinia, ma non possiamo ricoverarlo» rispose subito May. «Le accettazioni sono sospese da quattro ore.»
Tutti avevano bisogno di riprendersi, era importante per mantenere alto il livello delle prestazioni, e presto, entro mezz'ora, l'ospedale avrebbe ripreso la normale attività. L'ambulanza poteva dirigersi senza esitazione verso un altro ospedale. D'altra parte, il personale medico era ridotto, in quel momento. Mancavano due giovani dottori, partiti giusto a metà della rotazione semestrale. Abby era in gamba, ma alle prime armi, e l'altro specializzando in malattia. Inoltre, appena finita la pausa, bisognava rifornire di farmaci scaffali e carrelli, e trasferire i pazienti dai cubicoli del Pronto Soccorso nei vari reparti.
Ma la voce di Lavinia riprese. «È una donna, circa vent'anni, rinvenuta poco lontano dal luogo dell'incidente, intrappolata nella sua auto, ipotermica, e in totale arresto cardiaco...»
James balzò in piedi, corse alla porta, preoccupato. La vita di quella persona era realmente in pericolo.
«Va bene, l'accettiamo» disse, insieme a May.
Presto, dovevano prepararsi. Srotolare la coperta termica, da gonfiare con aria calda, scaldare i fluidi per le flebo, richiamare l'anestesista già impegnato in Rianimazione. «Altre notizie?» chiese James.
«Non molte» spiegò Lavinia. «L'auto era a poca distanza dal luogo dell'incidente. Parabrezza frantumato, vittima esposta al freddo per qualche tempo. Aveva una coperta addosso, il che lascia supporre che fosse ancora cosciente dopo l'impatto. L'arresto cardiaco si è verificato quando l'hanno estratta dai rottami.»
«Sappiamo come si chiama?»
«Non ancora. Ossigeno fornito sull'ambulanza, arrivo previsto tra nove minuti.»
James guardò May. «Andiamo fuori ad aspettarla.»
Uscirono nel parcheggio. James, incurante del freddo intenso, sbirciò l'orologio, impaziente, calcolando rapidamente le probabilità di sopravvivenza della donna. «A questa temperatura per quattro ore» mormorò tra sé. «E senza dubbio è anche ferita.»
Spesso i pazienti ipotermici hanno purtroppo arresti cardiaci, quando i soccorritori li muovono. Ma, in questo caso, c'era stato un intervento tempestivo. Le probabilità di ripresa erano buone, concluse James, ma sarebbero occorsi dei tempi molto lunghi.
L'innalzamento della temperatura del corpo doveva essere molto graduale, innanzitutto. Nella fase ipotermica, fortunatamente il cervello richiede poco ossigeno, e anche con l'arresto cardiaco in atto, un paziente giovane può guarire completamente.
«Poverina, bloccata per ore nell'auto con questo freddo» mormorò May. Rabbrividendo, si strinse nella giacca di maglia. Chissà perché le infermiere non usavano più quelle ampie e calde mantelle azzurre, pensò, con rammarico.
«Avevo già la sensazione che qualcosa non andava» disse James. «Troppe auto, un caos enorme, dovremmo capire meglio cosa è accaduto.»
«Senz'altro» ammise May. «Ma alle quattro era quasi buio, e tra neve e ghiaccio...»
Poco lontano, una guardia giurata stava discutendo con un automobilista che voleva occupare a tutti i costi lo spazio riservato al parcheggio delle ambulanze. Protestava vivacemente, dicendo che la moglie sarebbe arrivata a momenti, e non intendeva spostare la sua macchina.
Per James era già troppo. Scattò deciso, affrontando minaccioso e senza mezzi termini il maleducato. Ma sorrideva, tornando da May. «Sai cosa ha detto quel tizio? Che questo parcheggio fa schifo...»
«Giusto, finché vi si fermano delle persone come lui» commentò l'infermiera, mentre l'intruso rimetteva in moto la macchina, ripartendo rabbiosamente.
Frattanto alcuni giornalisti, conclusi i servizi sull'incidente per i telegiornali della sera, si avvicinarono in fretta, telecamere puntate, parlando concitati nei microfoni. La ghiotta notizia sul "ferito dimenticato" si era già diffusa, e reclamava un servizio supplementare. James riuscì appena in tempo a respingere i cameramen e a far predisporre gli schermi mobili, opachi, intorno all'ingresso, per evitare che le immagini in diretta giungessero nelle case.
Nell'ora di massimo ascolto, qualcuno poteva riconoscere in quella donna una parente, un'amica; peggio ancora, un bambino ravvisare in lei la propria madre.
«Ma quando arriva l'ambulanza?»
May guardò l'orologio, preoccupata per James. Era molto teso, più scorbutico del solito «Ancora due minuti. Tu come stai?» indagò, cercando di intuire la causa di tanto malumore.
Potrei dire bene, come sempre, pensò lui. Ma con May, per la lunga amicizia e la stima reciproca, non era il caso di barare. «Davvero non lo so» rispose, mentre la sirena segnalava l'arrivo dell'ambulanza.
«Non ti senti bene?»
«Non è questo...» James cercò le parole giuste, senza trovarle. Ansia o nervosismo, da escludere. Era a disagio, tutto qui, ma non sapeva perché.
«Sarà per tutta la confusione nel Pronto Soccorso, e la mancanza di personale, no?» suggerì May.
«Non si tratta neanche di questo. Ma è incredibile, abbiamo mancato di soccorrere una persona! Lo sentivo, che non era finita» aggiunse, mentre l'ambulanza frenava, la voce sopraffatta dal trambusto, dai giornalisti che si accalcavano intorno, rivolgendo domande, le telecamere in azione. Il paramedico al volante balzò a terra, affrettandosi a coprire il viso della paziente, già intubata, con un lembo della coperta. Appena la barella scese, James sostituì il paramedico per la compressione al torace, e May si occupò dell'ossigeno.
In pochi, rapidi movimenti, il gruppo sospinse la barella verso l'interno dell'ospedale.
Per un attimo, lo sguardo di James colse un piede della donna, il destro. Emergeva dal bordo inferiore della coperta, piccolo, candido, le unghie perfette, con lo smalto rosa. E un neo sul dorso.
Lorna. Che non si truccava, vestiva sobriamente, ma metteva sempre lo smalto rosa sulle unghie dei piedi.
James stava per fermarsi, strappare via la coperta, convincersi che non si trattava di lei. Ma ne era già sicuro, lo aveva capito subito, anche dai lunghi capelli umidi, di un intenso rosso fulvo, sparsi sul cuscino.
In Rianimazione, la conferma.
Si era sempre chiesto se Lorna fosse cambiata, nel tempo. Due anni prima, a Glasgow per lavoro, aveva sperato di incontrarla, di rivedere i suoi grandi occhi ambrati. Ma si era sentito ridicolo. Forse Lorna aveva scelto un altro colore di capelli - non le era mai piaciuto essere rossa - forse era mutata nella persona, magari si era sposata e aveva avuto dei gemelli. Probabilmente non l'avrebbe riconosciuta.
E invece si sbagliava. Perché, anche dopo dieci anni, Lorna era ancora la stessa, e lui l'aveva riconosciuta subito, vedendo un suo piccolo piede delicato, dalle unghie con lo smalto rosa.

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