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Il principe playboy

di KATE HEWITT

Ella Jamison farebbe quasi qualsiasi cosa per il suo lavoro. Dopo che il suo capo, l’architetto Chase Bryant, l’ha salvata in una situazione umiliante, Ella cerca di sdebitarsi in tutti i modi. Ora, però, il capo le chiede di scortare in giro per New York City il principe Playboy. Lei detesta gli uomini arroganti e presuntuosi come Philippe Montvidant. Ma il lavoro viene prima di ogni altra cosa, e il lavoro ha bisogno di lei.
* * *
 Philippe sa tutto riguardo i doveri. La sua fama di playboy ha portato al suo piccolo paese la pubblicità di cui ha bisogno. Purtroppo la stampa e le persone come Ella vedono solo i titoli altisonanti, e non si sforzano di conoscere l’uomo vero. Ma per qualche ragione Philippe desidera disperatamente che Ella sappia chi è davvero. Ma se riuscisse a farle aprire gli occhi, a lei piacerebbe quello che vedrebbe?

9

Le stava piacendo troppo, lo sapeva. Abbassare la guardia, rilassarsi, ridere. Dopo la visita alla biblioteca Philippe l’aveva condotta in un ristorante molto esclusivo, solo una manciata di tavoli nei pressi di Madison Avenue.
Quando era stato servito un vino eccellente, non aveva resistito, anche se si trattava solo di un pasto leggero. E non aveva potuto sopprimere un tremito del cuore quando lui si era seduto contro lo schienale guardandola con gli occhi di ghiaccio blu. «Allora, parlami di te, Ella.»
Bevve un sorso di vino, dal sapore ricco e vellutato. «Non c’è molto da dire.»
«C’è sempre qualcosa.»
«Cosa vuole sapere?» domandò, avvertendo una nota di flirt nel proprio tono. E dallo scintillio d’argento negli occhi di lui, si rese conto che anche lui l’aveva colta.
«Dove sei cresciuta?»
«Nel Connecticut.»
«Quanti anni hai?»
«Ventotto.»
«Un fidanzato?»
Lei esitò solo un attimo, il cuore che prese a battere forte. «No.»
Philippe sorrise lievemente e bevve un sorso di vino. «Perché hai completato solo un anno di università?»
Lei quasi sussultò, sorpresa dal repentino cambio di soggetto. «Mia madre si ammalò» rivelò dopo una attimo. «E mio padre non c’era. Così ho lasciato la scuola per prendermi cura di lei.»
Vide le ombre calare negli occhi di Philippe, la linea seria delinearsi sulle labbra, e capì che provava empatia. In modi diversi avevano entrambi obbedito al richiamo del dovere, e ne avevano pagato il prezzo. «Mi dispiace» disse lui.
Lei annuì, la gola chiusa. «E lei, principe Philippe? Perché non ha mai desiderato essere re?»
Si strinse nelle spalle. «Suppongo fosse perché non avevo mai pensato di doverlo essere.»
«E cosa faceva invece?»
«Insegnavo storia alla Sorbona.» Per una attimo lei pensò che stesse scherzando, ma poi lui piegò le labbra. «Ti ho sorpresa, di nuovo.»
«Vero» ammise. «Così è un accademico.»
Scrollò le spalle. «Non più.»
«Lo rimpiange?»
Per un lungo momento non rispose, facendo roteare il vino nel bicchiere. «Né rimpianti né rimorsi» disse alla fine. «La vita è quella che è.»
«Sì, ma...»
«Vieni...» Si alzò, un sorriso sulle labbra. «Hai finito? Perché ho sempre voluto pattinare in Rockfeller Plaza.»
«Pattinare...»
«Sai pattinare?»
«Un poco...»
Lui le tese la mano e lei la prese, le dita di lui che le si chiudevano intorno. «Andiamo allora. È tempo di passare alla seconda parte del nostro appuntamento.»
Sentì una scossa riverberarle in tutto il corpo. «Questo non è un appuntamento!»
Il sorriso di Philippe si fece lupesco mentre la faceva allontanare dal tavolo. «Oh, sì, lo è.»

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