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Il principe playboy

di KATE HEWITT

Ella Jamison farebbe quasi qualsiasi cosa per il suo lavoro. Dopo che il suo capo, l’architetto Chase Bryant, l’ha salvata in una situazione umiliante, Ella cerca di sdebitarsi in tutti i modi. Ora, però, il capo le chiede di scortare in giro per New York City il principe Playboy. Lei detesta gli uomini arroganti e presuntuosi come Philippe Montvidant. Ma il lavoro viene prima di ogni altra cosa, e il lavoro ha bisogno di lei.
* * *
 Philippe sa tutto riguardo i doveri. La sua fama di playboy ha portato al suo piccolo paese la pubblicità di cui ha bisogno. Purtroppo la stampa e le persone come Ella vedono solo i titoli altisonanti, e non si sforzano di conoscere l’uomo vero. Ma per qualche ragione Philippe desidera disperatamente che Ella sappia chi è davvero. Ma se riuscisse a farle aprire gli occhi, a lei piacerebbe quello che vedrebbe?

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Ella strinse le mani intorno alla tazza di cioccolata calda, chiedendosi da dove cominciare la storia. Non poteva credere di essere sul punto di raccontarla a Philippe, e la cosa più sorprendente era che desiderava farlo. Non aveva mai parlato a nessuno della sua disastrosa relazione – ammesso che si potesse chiamarla così – con Charles. Se l’era lasciata alle spalle e si era gettata nel lavoro, un mondo che le era sembrato molto più sicuro.
Tuttavia adesso voleva parlarne. Con Philippe.
«Ci incontrammo qui, in città» cominciò di colpo. «Io lavoravo come PA per uno dei maggiori studi di architetti. Vi lavorava anche Chase Bryant, che poi mi prese con sé quando aprì il proprio studio.» Offrendole un rifugio dall’umiliazione di essere stata piantata in asso in pubblico, e dalla pena senza fine del suo cuore spezzato. «Si chiamava Charles, ed era uno degli architetti emergenti. Affascinante e molto appariscente, un po’ viziato...»
«E ritieni che io sia come lui?» Philippe sembrò sorpreso e un po’ offeso.
Ella fece un sorrise. «Be’, sei molto appariscente. In ogni caso, mi conquistò su due piedi. Uscimmo per due anni. Sembrava tutto meraviglioso all’inizio, poi cominciò a cambiare. Lui cambiò. Con me, era così divertente e affascinante...» Scosse la testa al ricordo. «Ma con gli altri era un altro uomo. Duro e ambizioso. E mi disapprovava, quasi come io se non gli piacessi affatto.» Deglutì, lo sguardo che svicolava. «Poi cominciò a cercare di cambiarmi, a farmi diventare una persona diversa, come lui. Mi diceva cosa indossare, cosa leggere, persino cosa pensare.»
«Sembra un bastardo.»
«Be’... Suppongo che lo fosse, e io ho sbagliato a continuare a stare con lui. Ero così attaccata a lui, così determinata a tenermelo.» Deglutì ancora. «Così ho cominciato a cambiare, cercando disperatamente di essere come mi voleva.» Scosse il capo, i ricordi che riaffioravano. «Non voglio fare mai più una cosa simile.»
«Io non vorrei mai che lo facessi.»
«In ogni caso» proseguì lei dopo aver bevuto un sorso di cioccolata, «finì tutto bruscamente. Venni a sapere che per tutto il tempo mi aveva tradito con segretarie e stagiste. Anche allora avrei potuto perdonarlo, tanto era scesa in basso la mia autostima, ma fu lui a lasciarmi.» Se cercava di suonare secca o indifferente, sapeva di aver fallito. «Dichiarò che non ero adeguata alla sua immagine. Così finì per uscire con una collega architetto, una che aveva un futuro brillante davanti, che ovviamente io non avevo.» Con il suo unico anno di università e i suoi sogni infranti. Semplicemente, non era stata abbastanza per lui.
«Questo deve averti ferita» osservò Philippe quietamente. Si allungò e coprì la sua mano con la propria. Ella sentì la sua forza e il suo calore, sapeva che capiva molto riguardo i sogni infranti. Non si sarebbe mai aspettata che un uomo come Philippe potesse farlo, ma non aveva davvero saputo che genere di uomo fosse in realtà.
«Mi ferì» ammise. «Ma la cosa che mi fece più male fu il fatto che non ero riuscita a vedere chi era davvero. Non volevo farlo. Volevo credere alla favola, così chiusi gli occhi e ignorai ogni segnale di avvertimento.» Scosse il capo. «Non sarò mai più così stupida.» Infatti, non avrebbe più messo a rischio il proprio cuore, e di certo non con Philippe. Non che lui glielo avesse mai chiesto, si rammentò.
Philippe era silenzioso ed Ella si arrischiò a guardarlo. I suoi occhi erano incupiti, la bocca stretta in un cipiglio pensoso.
«Non so bene perché ti ho raccontato tutto questo» riprese lei dopo un momento. «Non che abbia qualcosa a che fare con...» Cercò le parole giuste, per non dire noi. «Te e me.»
«No?» Philippe sollevò le sopracciglia.
«Voglio dire, si tratta solo di un giorno.» Prese fiato. «Mi dispiace di avere esagerato prima. So bene che era solo un bacio.»
«Solo un bacio.»
«Sì...»
«Bene.» Philippe le sfregò il palmo della mano con le dita, accendendo di nuovo scintille nel suo corpo. «La giornata non è ancora finita. Vieni con me questa sera.»
Lo guardò, gli occhi spalancati. «Dove?»
«A un cocktail di benvenuto al Guggenheim.»
Le girava la testa. «Come...»
«Sì» la interruppe Philippe con un sogghigno. «Come mia compagna.»

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