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Matrimonio in mare

di CHRISTINE RIMMER

Rafe McMillian è innamorato di sua moglie e del suo lavoro, ma ha ricevuto un messaggio molto chiaro: se non la porterà in crociera ai Caraibi la loro relazione non potrà durare!
Dopo otto anni di matrimonio, una carriera impegnativa e due figli, Gwen sente che la sua relazione con Rafe sta andando alla deriva. Tutto ciò che desidera è poter passare un po' di tempo con suo marito, possibilmente lontani dal mondo, per riaccendere la passione.
Con l'aiuto – non richiesto- di una tempesta in mare, sta per realizzare il suo desiderio in un modo che non avrebbe mai immaginato...

7

Un morso di serpente" disse Rafe tra i denti, il volto contorto dal dolore.

Si sedette sulla sabbia per esaminare le due minuscole ferite sul lato del piede sinistro. "Fa un male cane" mormorò, poi guardò verso Gwen. "Hai visto il serpente?"

Gwen batté le palpebre, la mente improvvisamente vuota, come se si rifiutasse di comprendere quello che era appena accaduto.

"Gwen. L'hai visto?"

Lei annuì. "Io... sì. Per un secondo." "Che aspetto aveva?"

"Non lo so... non era molto grande.

Grigio scuro... quasi nero."

Lui stava nuovamente studiando le due piccole ferite. La pelle intorno stava già diventando gonfia e scura, come il principio di un livido. "Un qualche tipo di vipera, immagino."

"Vipera?" ripeté lei, sembrando una stupida, e sentendosi terrorizzata. "Qualcosa... di velenoso, intendi dire?"

Lui la guardò. "Anche i serpenti a sonagli sono una specie di vipere, ma non l'unico tipo. Il morso di un serpente del genere è doloroso, e lascia ferite simmetriche, come questa."

"Oh!" si limitò a mormorare lei. Stava pensando a quanto sembrava calmo lui, mentre lei avrebbe voluto urlare. Ma in realtà non lo fece. "Cosa..." La gola le si strinse. Deglutì per riuscire a parlare. "Cosa facciamo?"

Rafe tirò fuori il coltellino dalla tasca, fece scattare la lama e praticò quattro tagli, delle piccole X, su ciascuna delle ferite. "Non lo avrei fatto, se mi fosse accaduto a casa" disse asciutto. Il sangue sgorgò dalle ferite e lui schiacciò la pelle intorno ai tagli, incoraggiandolo a defluire. "Qualcosa che faccia da laccio emostatico..." disse, trasalendo per il dolore.

"Il mio impermeabile?"

"Magnifico. Mi servirà una striscia abbastanza lunga da poterla legare intorno alla gamba."

Gwen andò a recuperarlo e ne strappò un pezzo con i denti, tirando i lati per allargare lo strappo, e poi staccò una striscia alta circa dieci centimetri intorno al bordo, fermandosi per vedere il risultato delle sue fatiche. "Così va bene?"

"Perfetto."

Gwen gli diede la striscia di stoffa e mise da parte quello che rimaneva dell'impermeabile.

Rafe si legò la stoffa rosa intorno alla gamba e strinse. "Rallenterà la circolazione del veleno" spiegò, poi riuscì a fare un sorriso e continuò: "Se applicata nel modo giusto".

Lei lo fissò, e poi disse quello che stava pensando. "Sei così calmo..."

"Non sono molte le persone che muoiono di morsi di serpente, Gwen" disse. "Questo è un morso solo, probabilmente il serpente non è riuscito ad iniettare una grande quantità di veleno. Non è vicino agli organi vitali e non ha preso un'arteria. E io non sono un bambino. I bambini hanno più probabilità di morire per i morsi di serpente rispetto agli adulti perché sono più piccoli. È probabile che starò male e che mi verrà la febbre. Ma ce la farò."

"È... una promessa?"

"Puoi scommetterci che lo è."

Gwen si chiese se lo pensava davvero, se era davvero così sicuro di sopravvivere come voleva farle crede. Ma poi decise che se anche lui non era davvero così sicuro, lei non voleva comunque saperlo. Rafe le disse che meno si muoveva meglio era: rallentare la circolazione del veleno era la cosa più importante da fare. Ciò significava restare calmo... e restare fermo.

Gwen lo aiutò a mettersi il più comodo possibile, proprio lì sulla parte alta della spiaggia, sotto l'ombra delle palme. Andò a prendere i loro giubbotti di salvataggio perché lui ci si potesse appoggiare contro.

Rafe le spiegò che il fatto che si trovavano in discesa verso la spiaggia era perfetto. Così il suo piede era verso il basso, sotto il livello del cuore.

"Acqua?" chiese Gwen. "Hai sete?"

Lui annuì. Gwen andò di corsa a prendere dei gusci di noce di cocco e li riempì d'acqua. Rafe bevve due gusci pieni e poi allentò il laccio e lo strinse di nuovo, spiegandole che voleva rallentare la circolazione, non fermarla del tutto.

Lei si sedette. La ferita si era gonfiata ancora e stava prendendo un brutto colore porpora. Gwen tentò di non guardarla.

"Non dimenticare il fuoco. Dobbiamo continuare ad alimentarlo, così sarà tutto pronto quando dovremo accendere la pira di segnalazione" disse Rafe con voce malferma.

Il fuoco di segnalazione era a circa metà strada tra loro e la piccola caverna dove si erano accampati, pronto per quando avessero sentito il rumore di un aereo sopra le loro teste... o avvistato una barca tra le onde blu dell'oceano.

"L'ho controllato quando sono andata a prendere i gusci di noce" gli disse Gwen. "È basso, ma ha parecchia carbonella sotto. Ci metterò su dell'altra legna fra un po'."

"Bene."

Stewie apparve dai cespugli dietro di loro. Salutò miagolando, poi si distese all'ombra non lontano da lì.

Per diversi minuti nessuno dei due parlò. I suoni intorno a loro si fecero più forti, il grido dei gabbiani che volavano e il suono ritmico delle onde che si infrangevano sulla spiaggia sembrarono più penetranti. In sottofondo c'era il basso e incessante sospiro del vento marino.

"È davvero bello qui, Gwennie" osservò Rafe a voce bassa.

Lei lo guardò e si costrinse a sorridere. "Be', questo viaggio non è esattamente come l'avevo progettato."

"Non puoi negare che sia stato... eccitante."

"Hai ragione. Lo è stato. Un brivido al minuto. Ma credo di aver vissuto sufficienti avventure per il momento. Ora vorrei andare a casa. Vedere i miei bambini. Dormire nel mio letto..."

"Con me, spero." Rafe la guardò sollevando un sopracciglio scuro.

"Sempre. E tu lo sai. Sempre con te."

Lui allora sorrise, un sorriso dolce ma allo stesso tempo triste. "Gwennie..."

Lei gli toccò il braccio. "Cosa?" "Voglio che tu sappia che ho imparato qualcosa da questa storia. Vederti così la notte della tempesta, a faccia in giù nell'oceano..."Scosse il capo. "Tu continui a sentirti in colpa, ma la colpa in realtà non è tua. Ti ci ho portato io a questo."

"Ma io non avrei dovuto..."

"Shh... Ascolta. Sto cercando di dirti che so che ho sbagliato, quella notte e molte notti prima di quella. Sto cercando di dirti che se ce la faremo..."

Lei posò la mano sulla bocca secca e screpolata di Rafe.

"Non se, ma quando."

Lui annuì, le prese le dita e le baciò. "Quando ci lasceremo questa avventura alle spalle, io metterò un po' da parte il mio lavoro, farò in modo di avere del tempo per noi due e per la nostra famiglia, del tempo con il quale alla Andrews and McMillan Architectural Design non sarà concesso di interferire." A quel punto Rafe la guardò negli occhi. "Io ti amo, Gwen. Più della mia stessa vita."

"Oh, Rafe. Lo so. E anch'io ti amo." Non c'era molto altro che Rafe potesse fare, a parte riposare, restare calmo... e aspettare di smaltire la reazione al veleno del serpente. Di tanto in tanto Gwen lo vide slacciare il laccio emostatico e poi legarlo di nuovo. Alla fine, dopo che a suo parere fu trascorsa un'ora, lo tolse del tutto. Aveva fatto il suo dovere.

Di tanto in tanto Gwen si alzava per andare a riattizzare il fuoco, per portare dell'altra acqua, ma per la maggior parte del tempo rimase al suo fianco. Parlarono per un po', ascoltarono il silenzio, guardando le onde rotolare sulla riva e poi scivolare nuovamente indietro, lasciando la sabbia bagnata che brillava sotto il sole tropicale.

Gwen capì che lui stava soffrendo molto prima che lui lo desse a vedere: soffriva sia per il dolore della ferita sia per la nausea sempre più forte. Poi arrivò la febbre. Gwen prese la striscia di stoffa che avevano usato come laccio emostatico di fortuna, la bagnò con l'acqua fresca e gli tamponò il viso sudato.

Rafe si distese sulla sabbia, gemendo e agitandosi, incapace di trovare una posizione comoda. All'inizio lei tentò di farlo stare fermo, ricordando quello che aveva detto sul rallentamento della circolazione.

Ma non c'era modo di non farlo muovere e in ogni caso a quel punto il veleno era già in circolo.

Poco dopo vomitò. Lei gli tenne la testa e gli bagnò il viso, costringendolo a bere un po'...

Questo fu tutto quello che lei poté fare: stringerlo, fargli cadere piccoli sorsi d'acqua tra le labbra screpolate, ripulirlo quando il suo povero stomaco si rivoltava. E ricordare costantemente a se stessa che lui ce l'avrebbe fatta, che sarebbe stato di nuovo bene, che poca gente moriva per un morso di serpente... In fondo Rafe lo aveva promesso.

Aveva promesso che sarebbe andato tutto bene...

Lui era disteso con la testa in grembo a Gwen, gemendo debolmente, e la palla del sole era sorta quasi fino al centro del cielo quando lei lo sentì: il ronzio del motore di un aeroplano da qualche parte verso il mare infinito.

Ogni mercoledì un nuovo capitolo!
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