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Soul

di SILVIA CARBONE

A grande richiesta pubblichiamo il prequel inedito di The Pleasure, il romanzo scritto a quattro mani da Silvia Carbone e Michela Marrucci.

Soul racconterà la struggente e delicata storia d’amore tra Aamir e Hannah, i genitori di Shad Blaine, il protagonista, insieme a Madison, di The Pleasure.

Buona lettura!

2.

 “La nostra passione è l’ossigeno dell’anima”
Hannah Blein

Hannah stava correndo da quasi un’ora. Aveva indossato le cuffiette, attaccato il walk-man allo short e alzato il volume fino a stordirsi con le canzoni dei Dire Straits. Nei primi minuti aveva cercato l’andatura da seguire e, una volta trovata, il battito del cuore, che pulsava nel petto era diventato la sua musica personale, aveva regolato il respiro e affrontato quel miglio. Era un esercizio che la aiutava a scaricare la tensione delle prove a teatro, scappare dalle preoccupazioni asfissianti dei genitori e dall’attesa ormai vana dell’arrivo di Aamir.  Era passato un mese e non l’aveva cercata. Il telefono di casa non aveva squillato e la segreteria non aveva registrato nessun messaggio. Ormai aveva capito che era stata una bellissima parentesi di una sera e la sua vita aveva ripreso a scorrere con lentezza. Con quel pensiero rallentò l’andatura raggiungendo il suo condominio quando qualcosa la obbligò a fermarsi. Una limousine era accostata al marciapiede e quando arrivò vicino, provò a sbirciare attraverso i finestrini oscurati senza riuscire a scorgere niente. Poi una portiera si aprì e Aamir uscì alla luce del sole. Hannah sgranò gli occhi. Era incredula perché poco prima pensava a lui e subito dopo si era materializzato davanti ai suoi occhi. E con quel sorriso che aveva il potere di illuminare una giornata triste. Indossava un paio di jeans sgualciti che gli ricadevano sui fianchi e una t-shirt nera a maniche lunghe che gli copriva i bicipiti sviluppati. Le si avvicinò e Hannah seguì ogni suo gesto. Aveva un portamento elegante ma sicuro e che, in quel preciso istante, le ricordò quello di un predatore che osserva ogni mossa della sua preda nell’attesa di compiere il suo attacco. La sua sicurezza sembrò vacillare quando le si parò davanti. Hannah vide le labbra muoversi ma nessun suono raggiungerla. Aggrottò le sopracciglia e vide un sorriso sorgere sulla bocca di Aamir che alzò un braccio e le scostò le cuffiette in modo che potesse sentirlo. «Ciao Hannah Blein di Seattle» disse con voce suadente mentre le passava un dito sulla guancia.
Hannah era rimasta immobile, senza parole. Non si aspettava di vederlo, di poter di nuovo udire il suono della sua voce e di sentire quel tocco che la imbarazzava. Alzò una mano e tirò indietro i capelli che erano sfuggiti dalla coda bassa, ma non distolse mai lo sguardo dal ragazzo. «Ciao Principe Aamir» sussurrò. «Cosa ci fai qui?»
Aamir si guardò intorno e sospirò. «Possiamo salire da te?»
Hannah non era molto sicura su come comportarsi. In fondo aveva conosciuto Aamir per poco tempo, e nonostante le sue sensazioni fossero positive nei confronti dell’uomo, non sapeva cosa fare. Aamir dovette intuire la sua battaglia interiore perché la rassicurò subito. «Voglio solo parlare con te senza occhi indiscreti a osservarci» la rassicurò.
Hannah fece un respiro profondo cercando di rallentare i battiti del suo cuore e finalmente i suoi piedi si mossero, andando verso il portone del suo stabile. «Seguimi» gli disse senza voltarsi. Non era sicura di aver preso la decisione più saggia a farlo salire da lei, ma il desiderio di trascorrere altro tempo con quel ragazzo che aveva monopolizzato i suoi pensieri da un mese, vinse sulla razionalità.
Salirono in silenzio le due rampe di scale, ma era impossibile non avvertire il suo sguardo su di se. Con mani tremanti aprì la porta di quella che ormai considerava casa da diversi mesi e per un attimo cercò di ricordare se avesse lasciato in disordine o meno. Certamente troppo tardi come pensiero ma del resto lui non si era preso il disturbo di avvisare prima del suo ritorno. Quando furono dentro, Aamir si voltò per chiudere leggermente la porta e si fermò di nuovo a guardarla senza aggiungere niente. Era bella da togliere il fiato e la voleva per se. Quello era stato il pensiero di Aamir quando l'aveva vista arrivare tutta arruffata e sudata. Ma non era sua e avrebbe fatto meglio a ricordarlo.
«Dovrei fare una doccia» disse Hannah invitandolo ad accomodarsi. «Questa è la mia tana» fece segno con la mano indicando la stanza e quella adiacente chiusa. «Di la c'è la mia stanza e in fondo il bagno. Tutto qui. Sicuramente niente a che vedere con gli alloggi a cui sei abituato. Probabilmente il mio appartamento è grande quanto la tua sala da bagno» scherzò cercando di tenere a freno l’imbarazzo.
Era grazioso, i colori tenuti tendevano a dare luce alla cucina e quelli chiari dell'arredamento ne esaltavano la sobrietà. Esattamente come lei, sobria e pura. Si guardò intorno cercando di immaginarla studiare, mangiare o fare l'amore in quella stanza chiusa che per Aamir, in quel momento, rappresentava il Ğanna, l’equivalente del Paradiso nella religione cattolica. Pensare a lei con un altro uomo gli fece contrarre lo stomaco e salire un moto di rabbia. Non sarebbe mai potuta essere sua ma pensare ad altre mani che accarezzavano ogni centimetro di quella pelle candida che bramava… era troppo anche per lui. «È molto grazioso. Se vuoi andare a fare una doccia ti aspetto qui» replicò, grato in cuor suo di avere qualche minuto per riprendersi e trovare la forza di fare quello per cui era venuto.
Hannah rimase un attimo ferma mentre Aamir si sedette sul divano. Avere quell'uomo in casa era qualcosa che non aveva calcolato. La sensazione che provava in sua presenza era qualcosa di primordiale. Aveva voglia di mettersi cavalcioni sul suo grembo, infilare le mani tra i capelli che sicuramente erano morbidi e setosi e baciarlo fino allo sfinimento. Lo desiderava e nonostante lei non avesse mai creduto alle grandi passioni sapeva che quella lo era.
«Hannah...» sussurrò l'uomo guardandola dritto negli occhi. Anche lui percepiva la tensione sessuale che si era creata. Sentiva il desiderio crescere e la lussuria pari alla sua negli occhi della ragazza.
Lei alzò lo sguardo e puntò quei suoi occhi azzurri nell'oscurità di quelli di Aamir. «Dimmi.»
«Lo senti anche tu questa cosa che si sta creando tra noi?» chiese con un filo di voce.
«Sì.»
«Credo che sia meglio che tu vada a fare quella doccia, altrimenti sarò costretto a farla io. Fredda» disse con voce roca senza smettere di guardarla. Da gran bastardo adorò vederla sussultare alle sue parole e amò quel rossore che le salì al volto nel momento stesso in cui realizzò il significato di quello che le aveva appena detto. Quegli occhi leggermente sgranati e quelle labbra dischiuse che formavano una o perfetta, sarebbero stati la sua rovina.
«O-Okay… Torno subito» balbettò la ragazza un attimo prima di fuggire verso la zona notte.
Con un sospiro frustrato, Aamir si lasciò cadere sul divano e reclinò la testa indietro passandosi le mani tra i capelli.
Era fregato.

 

Gli incontri più importanti sono stati decisi dalle anime ancora prima d’incontrarsi”
Aamir Shad El Alì

 

Quell’appartamento era talmente piccolo che per tutto il tempo che era rimasto seduto sul divano ad aspettare Hannah, non aveva potuto ignorare lo scroscio dell’acqua nella doccia né tanto meno le immagini che la sua mente aveva partorito ascoltando quel suono. Era stata una tortura scacciare l’immagine di quel corpo bagnato da scie di schiuma che accarezzavano le dolci curve del seno e del più bel culo che avesse mai visto. Cazzo. Si spostò nel tentativo di alleggerire la pressione all’inguine. Farsi trovare in piena erezione non era il modo in cui voleva accogliere la ragazza. Cercò di concentrare i pensieri su cose nauseanti, riuscendo in parte nel suo intento. Almeno fino a che non la vide apparire di nuovo con i capelli ancora umidi, raccolti con uno chignon e ciocche sciolte che le contornavano il viso. Indossava un paio di jeans larghi a vita alta strappati sulle cosce e una canottiera bianca. Dimostrava la sua giovane età ma non per questo era meno attraente e bellissima.
«Scusami, ho cercato di fare prima possibile» disse avanzando con piccoli passi ma arrestandosi non appena lo vide alzarsi in piedi. «Gradisci qualcosa da bere? Non ho alcolici» continuò quasi scusandosi. «Ho della DrPepper oppure della Pepsi, ma niente birra.»
«Gradirei che tu venissi a sederti qui con me» rispose con un sorriso spontaneo che coinvolgeva anche gli occhi e non solo le labbra.
Hannah gli rispose distendendo le sue e si mise seduta dalla parte opposta. Dopo un attimo di silenzio carico più di elettricità che d’imbarazzo, espresse la domanda che le frullava in testa dal primo momento in cui lo aveva rivisto. «Perché sei tornato, Aamir? Non sto dicendo che non mi faccia piacere ma è passato un mese dal nostro primo incontro e in tutto questo tempo non ho mai ricevuto nessuna telefonata.»
«Hai ragione e mi farò perdonare per questo. Le cose nel mio paese non sono semplici. Mio fratello, erede al trono di Takei, ha appena avuto il suo primo figlio e per stare vicino a sua moglie e al piccolo Rafiq, non potrà partecipare ad alcuni incontri programmati da qualche tempo. Devo sostituirlo perché sono il secondo in linea di successione. Anzi. In verità adesso sono appena passato al terzo posto, fortunatamente. Spero comunque che riprenda presto a svolgere i suoi compiti perché non sono tagliato per certe cose.»
«E per cosa sei portato?» chiese Hannah, curiosa di sapere qualcosa in più dell’uomo seduto sul suo divano.
«Per l’azione. Per le strategie difensive. Sono un ufficiale dell’esercito nazionale.»
«Capisco.» Dopo una breve pausa, continuò. «Non ci sono delle guerre in atto, vero?»
Aamir non poté trattenersi dal sorridere di fronte al suo tono preoccupato. Quella ragazza era di una dolcezza disarmante. Era implicita la preoccupazione per la sua salute anche senza aver formulato una domanda diretta. Nessuno, prima di allora, aveva manifestato quel sentimento. Era dato tutto per scontato perché rientrava nei doveri verso il suo popolo. «Nessun conflitto ma questo non significa che la situazione non sia “calda”, per così dire. Sotto la guida dell’attuale sultano, Takei sta cambiando. La sua linea politica è di riuscire a creare nuove collaborazioni con il mondo occidentale. Le tradizioni sono importanti ma lo è anche restare al passo con i tempi moderni in modo da consentire allo Stato di crescere. Non tutti però hanno la nostra stessa visione delle cose e la situazione in Iraq rischia di esplodere. C’è odio verso l’America e per questo abbiamo intensificato i rapporti con la tua nazione: Takei vuole restare fuori da ogni possibile conflitto e mantenere i rapporti come sono adesso.»
«Quindi è questa la ragione per cui sei tornato» l’intenzione di Hannah era di formulare una domanda ma le uscì come un’affermazione.
«Questa è stata la scusa che aspettavo per tornare» precisò immediatamente.
Amava il modo in cui arrossiva ogni volta che le rivolgeva un complimento. Che fosse diretto o no, non aveva importanza, era adorabile e gli veniva voglia di scoprire che tonalità raggiungeva un attimo prima di portarla all’orgasmo.
Merda!
Avrebbe potuto scoprirlo proprio su quel dannato divano. Sarebbe bastato metterla sotto di se ed era sicuro che si sarebbe sciolta sotto le sue mani, sotto la sua bocca. Ne era sicuro perché i suoi occhi azzurri erano colmi della stessa passione che lo dilaniava. Restare solo con lei in un appartamento non era stata una brillante idea. Hannah era una donna da venerare come una divinità e non la protagonista dei suoi sogni erotici. Lei era tutto. Un pacchetto completo che non avrebbe mai dovuto desiderare, ma dal quale era sempre più difficile tenersi lontano.
«Quanto resterai?»
«Ho un incontro a Washington fissato per domani pomeriggio. Il mio aereo partirà domattina.» La delusione sul volto di Hannah, gli provocò un fastidio al petto e d’impulso si ritrovò a dire: «Hai voglia di passare queste ore con me? Potresti fare da cicerone e aiutarmi a conoscere la tua città. Non sono ancora riuscito a vedere niente e farlo con te sarebbe perfetto.»
«Puoi davvero farlo?» chiese stupita. «Non è pericoloso per la tua sicurezza o qualcosa del genere?»
«Ho i miei trucchi» asserì facendole l’occhiolino. Poi tirò fuori un cappellino dalla tasca posteriore dei jeans e se lo calò sulla testa. Inforcò per ultimo gli occhiali da sole che aveva attaccato al collo della maglia. «Il mio travestimento da americano. Passerò inosservato, tesoro.»
Quel semplice nomignolo le provocò un brivido lungo la schiena e sorrise vedendo il berretto dei Chicago Bears. «Potranno non riconoscere il Principe di Takei, ma è impossibile che tu possa passare inosservato. Almeno per quanto riguarda la popolazione femminile e chissà, anche di qualche maschietto» rise divertita.
«Ah, ah, furbetta» rispose prima di perdersi nel suono della sua risata. «Sei ancora più bella quando ridi» disse tornando serio e inchiodando gli occhi sulle sue labbra. «Ti andrebbe di uscire con me, habi
«Adesso?» la voce le tremò per l’emozione.
«Adesso.»
«Non sono truccata e dovrei cambiarmi…»
«Sei perfetta invece. Non hai bisogno di cosmetici per far risaltare la tua bellezza. Mi togli il fiato ogni volta che ti guardo.»
«Grazie» abbassò gli occhi sulle sue mani sentendosi schiacciata dall’intensità di quello di Aamir. «Voglio godere di tutto il tempo che potrai dedicarmi.»
«Habi, se vuoi che mi comporti da bravo ragazzo, fossi in te, eviterei il termine godere» non riuscì a impedirsi di esternare quel pensiero.
«Non ti ho chiesto di comportarti da bravo ragazzo» rispose spavalda dopo aver raccolto il coraggio mentre andava in camera a prendere una giacca, gli dette il colpo di grazia «o sbaglio?»
Nonostante fosse maggio, la temperatura a Chicago non era alta come in altri stati. La giornata di sole aveva contribuito ad alzare la temperatura in alcune ore del giorno e questo gli permise di salire sul grattacielo dell’ex Osservatorio John Hancock e di apprezzare la Città del Vento a novantaquattro piani di altezza, ammirando lo splendido lago Michigan e lo skyline della città. Passeggiarono davanti al Wrigley Building sulla Michigan Avenue e il Chicago Cultural Center, una biblioteca pubblica e Memoriale alla Guerra Civile, famoso per le sue cupole in vetro colorato e per eventi culturali. Andarono anche a camminare lungo il lago e nonostante le guardie del corpo li seguissero a distanza, ben presto Hannah, non fece più caso a loro e godette della compagnia del suo principe. Aamir approfittava di ogni occasione per stabile un contatto con lei e dopo un primo momento d’imbarazzo, lasciò felice che la tenesse per mano e le accarezzasse il viso con la scusa di toglierle qualche ciocca ribelle. Rise con lui e gli raccontò del suo lavoro, dell’apprensione dei suoi genitori e della sua voglia d’indipendenza finalmente conquistata con il trasferimento a Chicago. Il tempo trascorse rapidamente e troppo presto si ritrovò, di nuovo, davanti al portone del suo palazzo con la notte che aveva preso il posto della luce del giorno.
«Vorrei non dover partire» le disse Aamir tenendola stretta tra le braccia.
«Vorrei che tu non dovessi farlo» rispose premendo il viso contro il suo petto muscoloso.
«Tornerò da te prima di ripartire.»
«E io ti aspetterò, contando i giorni» rispose lei dolcemente, scostandosi e alzando il viso verso il suo.
«È una promessa, habi
Lei lo guardò con un’espressione che lo fece sciogliere. «Un giorno mi dirai il significato di questa parola?»
«Preferisco dimostrartelo, habi» e senza aggiungere altro, annullò la distanza tra loro. La sua bocca si posò su quella di Hannah. Un contatto iniziale lieve ma che si fece più possessivo quando a lei sfuggì un verso di piacere. La lingua di Aamir s’insinuò nella sua bocca, la reclamò e lei si lasciò travolgere da una passione mai provata. Si staccarono quando rimasero a corto di fiato. Fronte contro fronte, con il respiro affannoso dell’uno sul volto dell’altro.
«Ti aspetterò» ripeté lei e lui la baciò di nuovo stringendosela al petto.
La accompagnò fino alla porta del suo appartamento e per un attimo, Hannah, desiderò invitarlo a entrare di nuovo ma poi non lo fece. Aveva la testa che le girava, sopraffatta da tutte quelle nuove emozioni che non aveva mai conosciuto prima.
«Entra e non dimenticare di chiudere a chiave, habi. Buonanotte, tesoro» e dopo un altro bacio passionale, la lasciò entrare e chiudere la porta.
Solo dopo aver girato la chiave nella toppa come le aveva detto, Hannah sentì i passi di Aamir allontanarsi. Si appoggiò con le spalle al legno e si portò una mano alle labbra gonfie e sensibili con il cuore che le batteva furioso nel petto sentendo già la mancanza del suo principe azzurro.

 

Soul
© 2018 Silvia Carbone e Michela Marrucci
© 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano

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