«Scegli quello che vuoi.» Con un ampio gesto della mano, Devlin Hudson indicò l'interno della gioielleria. Diede prima un'occhiata alla donna al suo fianco, quindi una seconda, rapida, all'orologio da polso d'oro. Non aveva molto tempo, perciò voleva concludere quell'acquisto al più presto e tornare alla sua giornata, già troppo affollata di impegni.
«Quello che voglio?» Gli occhi viola di Valerie catturarono i suoi.
«Certamente. E, se non riesci a trovare niente di tuo gusto, domani visiteremo un'altra gioielleria.»
«Non credo che sarà un problema» ribatté lei, distogliendo lo sguardo da lui per osservare il lussuoso negozio.
Devlin doveva ammetterlo. Cabot's era in assoluto la migliore delle gioiellerie. Praticamente un'istituzione a Beverly Hills, la sua collezione di diamanti eccezionali e di gemme preziose era conosciuta in tutto il mondo. Ed era esattamente il motivo per cui aveva portato lì la sua nuova fidanzata.
«E vuoi che sia io stessa a scegliere il mio anello.»
«Mi sembra la soluzione migliore» disse Devlin. «Così, avrai esattamente quello che vuoi.»
Inoltre, ricordava una scena di un film di alcuni anni prima che aveva catturato l'immaginazione delle donne. Il protagonista aveva portato la protagonista da Tiffany e le aveva detto di scegliere quello che voleva. Dal momento che lui, Devlin, era il presidente della Hudson Pictures, poteva trovare qualcosa di meglio di un film per attingere suggerimenti?
Tuttavia Valerie non sembrava soddisfatta.
Annuì, ma il suo volto era volutamente inespressivo. «Capisco.»
Accigliato, Devlin disse: «Immaginavo che avresti preferito scegliere di persona il tuo anello».
«Oh, ma certo» gli assicurò lei, facendo di nuovo vagare lo sguardo sul negozio.
Sempre accigliato, Devlin controllò di nuovo l'orologio.
«Siamo di fretta?» gli chiese lei.
«Ho una riunione in studio tra un'ora.»
«Tra un'ora?» Valerie si irrigidì, ma forse se l'era immaginato perché un attimo dopo lei disse: «Allora, sarà meglio iniziare».
I tenui sospiri di arpe e violini risuonavano nell'atmosfera rarefatta del negozio attraverso minuscoli altoparlanti nascosti dietro felci in vaso. Diversi commessi si tenevano pronti, schermati dalle bacheche di vetro, in attesa dei clienti e il proprietario in persona, Henry Cabot, si stava precipitando da Devlin. Non c'era da stupirsi dal momento che, nel corso degli anni, Dev aveva speso una piccola fortuna in quel negozio in regali a tutte le donne con cui era uscito.
Ma erano giorni che ormai appartenevano al passato. Stava per sposarsi e non era il tipo d'uomo da tradire sua moglie, anche se non ne era innamorato. Una volta data la sua parola, non se la sarebbe rimangiata.
«Non so da dove iniziare» confessò Valerie e, in cuor suo, Devlin ne provò ammirazione.
Se avesse portato qualsiasi altra donna in quel negozio e le avesse dato carta bianca, si sarebbe già avventata sulle scintillanti bacheche. Ma Valerie era diversa.
Osservò, apprezzandolo, l'elegante tailleur blu. Al collo portava una semplice catena di platino, e alle orecchie un paio di clip, pure di platino. I morbidi capelli castani erano raccolti in una complicata treccia, e negli occhi viola c'era una luce compiaciuta e cauta al tempo stesso. Rappresentava tutto quello che lui voleva in una moglie. Elegante, con ottime conoscenze – essendo figlia unica di un magnate della stampa – e abbastanza tranquilla da non esigere troppo del suo tempo.
«Signor Hudson» disse il proprietario, affrettandosi ad andare loro incontro. «È un piacere rivederla.»
«Grazie, Henry.» Voltandosi verso Valerie, Devlin aggiunse: «Lei è la mia fidanzata, Valerie Shelton. Siamo venuti per cercarle un anello. Qualche suggerimento?».
Il largo volto di Henry si illuminò e gli occhi gli danzarono, alla lettera. «Se vuole seguirmi, signorina Shelton, sono sicuro che Cabot's ha l'anello perfetto per lei.»
«Grazie, signor Cabot. Non ne dubito.»
Devlin la seguì, ammirando il modo in cui faceva ondeggiare i fianchi e la linea armoniosa dei polpacci abbronzati mentre camminava sicura di sé in un paio di sandali dai tacchi vertiginosi.
Avvertendo un rimescolio interiore, Devlin rifletté che l'attrazione che provava per lei era un fantastico extra. Non gli interessava l'amore, ma il desiderio era un'altra questione. Il desiderio era genuino... schietto. L'amore era una trappola per gli sprovveduti, e Devlin Hudson non lo sarebbe mai stato. Ma era essenziale essere sposato con una donna che desiderava. Dopotutto, non era un monaco, accidenti.
Il profumo di Val, una sottile miscela di qualcosa di floreale e aromatico al tempo stesso, aleggiò nella sua scia, e Dev avvertì uno stimolo che gli serrò lo stomaco in una morsa.
Mentre Henry Cabot tirava fuori un vassoio dopo l'altro di diamanti e zaffiri scintillanti, Devlin si portò alle spalle di Val e si ripeté di nuovo che stava facendo la cosa giusta. Era tempo di sposarsi e Val era esattamente il tipo di moglie adatta a un uomo della sua posizione. Aveva importanza che il resto della sua famiglia non approvasse? Che la considerassero troppo timida e tranquilla per lui? Si accigliò per un attimo, quindi scacciò quel pensiero. Sapeva esattamente che cosa stava facendo. Stava assicurando il proprio successo e il futuro della Hudson Pictures.
Con quel matrimonio avrebbe suggellato un'alleanza con la dinastia editoriale degli Shelton.
«Che cosa ne pensi, Devlin?» Valerie sollevò la mano sinistra per mostrargli l'anello. Un enorme zaffiro di taglio quadrato incastonato tra due diamanti di taglio uguale. Sotto le luci, le pietre brillavano e gli ammiccavano come se avessero avuto una loro vita. Doveva ammirare non soltanto il suo buongusto ma anche la rapidità con cui prendeva una decisione. Qualsiasi altra donna avrebbe insistito per provare tutti gli anelli disponibili, e lui non sarebbe mai arrivato in tempo alla sua riunione. Ma prima di poterle dire che approvava la scelta, il suo cellulare squillò.
«Un minuto.» Estraendo l'apparecchio dalla tasca della giacca, lo aprì. «Sì? No, di' a Franklin che non avrà altro denaro per quel numero acrobatico. Se lo sogna di costruire un'astronave per una ripresa in dissolvenza, e me ne infischio se crede di essere un artista. È per questo che abbiamo gli effetti speciali.» Aggrottando la fronte, Devlin fece un cenno a Valerie e sollevò un dito per indicarle che non ci sarebbe voluto molto.
Valerie spostò lo sguardo dal suo fidanzato nuovo di zecca all'anello al suo dito. Era bello, ma lei lo sentì di colpo pesante e freddo sulla mano. E si chiese se non stesse commettendo un errore sposando Devlin.
Sapeva che lui non l'amava.
Oh, era premuroso e gentile, ma stava sempre molto attento a non nominare quella certa parolina con la A, cosa che, secondo lei, era quanto meno segno di sincerità.
Il problema era che lei, invece, lo amava.
Non l'aveva previsto. Non si era aspettata di innamorarsene. Dopotutto, aveva capito fin dall'inizio che Dev la frequentava soltanto per entrare nelle grazie di suo padre. Il gruppo editoriale Shelton era una potenza nel settore dei media. Non era la prima volta che qualcuno dimostrava interesse per lei al solo scopo di arrivare a suo padre. Ma, pur sapendo tutto quello, Val si era sentita attratta da Devlin fin dal primo momento.
Era come se l'avesse aspettato per tutta la vita. Le era bastato uno sguardo agli occhi azzurri di Dev per capire che era l'uomo giusto per lei. Sì, era uno stacanovista del lavoro come suo padre, e lei aveva sempre giurato di tenersi alla larga dagli uomini di potere. Ma aveva visto Devlin sforzarsi seriamente per passare del tempo con lei. Era sempre gentile, premuroso. E i suoi baci le avevano fatto divampare dentro fuochi che non credeva esistessero.
Quasi senza accorgersene, si era innamorata ed era stato troppo tardi per tirarsi indietro.
«Signorina Shelton?»
«Sì?» Val si impose di sorridere al gioielliere che aspettava una sua decisione. Alle sue spalle, Devlin stava ancora parlando con qualcuno dello studio. «È un bell'articolo, signor Cabot.»
«Allora, hai deciso?» Devlin terminò la telefonata e si lasciò cadere in una delle poltroncine al suo fianco.
Lei lo guardò con la coda dell'occhio. «Problema risolto?»
«No» borbottò Devlin, rimettendo il cellulare in tasca. «Quando hai a che fare con registi e produttori, i problemi non finiscono mai. Questo, comunque, è quanto meno rimandato.»
«Posso aiutarti?» Val fece la domanda pur conoscendo la risposta.
«No, me ne occuperò appena tornato in ufficio.»
«Naturalmente.» Nella testa le risuonarono campanelli d'allarme, ma Val li ignorò.
Si rifiutava di farsi mettere in guardia. Voleva Devlin Hudson.
Ma c'era di più: voleva essere desiderata da lui. Bisognava soltanto avere pazienza, si disse. Sarebbe stata il tipo di moglie di cui lui aveva bisogno. Gli sarebbe stata vicina per ascoltarlo, aiutarlo, offrirgli suggerimenti. E un giorno, lui si sarebbe svegliato e avrebbe scoperto di essere innamorato di lei. Si sarebbe reso conto, proprio come era successo a lei, che erano fatti l'uno per l'altro.
In lui c'era un distacco che la colmava di angoscia. Val sapeva che sotto la superficie di quell'uomo sempre così controllato, c'era un cuore caldo che aspettava soltanto di essere liberato. Era convinta di essere lei la donna giusta, capace di penetrare sotto la sua scorza, di cambiarlo, di fargli capire che la vita non era fatta soltanto di lavoro.
«Allora» disse Dev, indicando l'anello che scintillava al suo dito, «è questo quello che hai scelto?»
«Sì. Lo adoro. Grazie.»
Lui le rivolse un sorriso che le fece tremare il cuore. Fu pervasa da un'ondata di calore che lambì le sue parti più intime, e si agitò a disagio sulla poltroncina. Voleva quell'uomo, e quel pensiero la innervosiva. Era ridicolo; d'altronde, di quei tempi, era ridicolo anche avere ventotto anni ed essere ancora vergine.
Ed era esattamente il motivo per cui non aveva nessuna intenzione di confidare a Devlin che lui sarebbe stato il suo primo uomo. Avrebbe aspettato fin dopo aver fatto l'amore per la prima volta – avevano deciso di comune accordo di aspettare fino alla loro prima notte di nozze – quindi gli avrebbe confessato di non essere mai stata con nessun altro.
«Dovrei essere io a ringraziare te» stava dicendo Devlin. «Dopotutto, sei stata tu ad acconsentire a sposarmi.»
«In questo caso» replicò lei, mentre il signor Cabot si affrettava ad allontanasi per registrare l'acquisto, «non c'è di che, signor Hudson.»
Devlin appoggiò i gomiti sulle cosce e, sporgendosi in avanti, le prese le mani strofinando l'anello con il pollice. «Non te ne pentirai, Val. Credo che staremo molto bene insieme.»
Il suo tocco ebbe uno strano effetto sul cuore di Val e lei dovette compiere uno sforzo per mantenere un tono di voce fermo mentre diceva: «Lo penso anch'io, Dev. Formeremo una splendida squadra. Ne sono sicura».